Bisogna rimettere i giudici della Corte Suprema al loro posto. Questo il mantra che percorre la destra israeliana dopo che l’Alta Corte ha bocciato martedì scorso come incostituzionale la legge per riconoscere retroattivamente le case dei coloni costruite su terre private in Cisgiordania. Fra le altre cose una tale legge, se implementata, avrebbe potuto portare a petizioni alla Corte Penale internazionale de l’Aia.

I giudici hanno protetto lo Stato di Israele dall’essere messo all’indice, ma questo non interessa ai politici, ai coloni, agli attivisti che vedono la Corte come l’ultimo ostacolo per – finalmente – prendersi tutto. Sono gli stessi giudici che circa un mese fa hanno votato per lasciare che Benjamin Netanyahu guidasse il governo, nonostante le gravi accuse penali contro di lui. La stessa Corte ha decretato che la legge per legalizzare migliaia di case negli insediamenti in Cisgiordania non era costituzionale e l’ha cancellata.

Trent’anni dopo che la “Legge fondamentale: dignità umana e libertà” è stata legiferata e dopo che è stata costantemente abbattuta dai politici, la Corte ha rispolverato la clausola 8 e l’ha utilizzata per prendere la decisione finale: “Non vi sarà alcuna violazione dei diritti ai sensi della presente Legge fondamentale se non da una legge che si addice ai valori dello Stato di Israele, promulgata per uno scopo adeguato e in misura non superiore a quanto richiesto”. Semplice, equilibrato, corretto.

La legge per il riconoscimento retroattivo degli insediamenti costruiti su terra privata palestinese venne votata nel febbraio 2017, e passò alla Knesset con una maggioranza di 60 a 52. Le molte petizioni presentate contro di essa hanno comportato il ritardo della legislazione in attesa di una decisione giudiziaria, che è stata presa appunto martedì. La legge aveva lo scopo di legittimare la costruzioni illegali in Cisgiordania e approvare più di 2.000 case di coloni costruite su terre private palestinesi.

Già prima che venisse votata, il procuratore generale Avichai Mandelblit aveva chiesto il rinvio, vista la sua problematica legalità rispetto al diritto internazionale e la posizione dell’Alta Corte. Non avrebbe difeso il disegno di legge se fosse stato approvato dalla Knesset, sostenendo che la legge era incostituzionale e avrebbe potuto portare a una petizione contro Israele alla Corte Penale Internazionale.

La maggior parte dei giudici del panel ha adottato l’opinione del procuratore generale decidendo infatti che una violazione del diritto alla proprietà e all’uguaglianza è grave, sproporzionata e causa più danni che benefici. Ma non è tutto. Il gruppo di esperti scientifici ha anche osservato che i palestinesi della Cisgiordania hanno uno status speciale di “residenti protetti”, a causa della loro presenza in un’area sotto occupazione belligerante.

La legge, hanno affermato i giudici, dava una chiara priorità agli interessi dei coloni israeliani violando i diritti dei palestinesi. Da qui l’aspetto internazionale di questo importante verdetto. Il Tribunale penale internazionale dell’Aia è autorizzato a indagare e perseguire solo quando uno Stato non segue il processo statale o il suo sistema giudiziario risulta essere di parte o mal funzionante. Funge da istituzione giudiziaria residua supplementare. In altre parole, il tribunale ha autorità secondaria sulla giurisdizione nazionale.

Un “position paper” presentato dal procuratore generale Mandelblit alla Corte penale internazionale sei mesi fa ha sottolineato che Israele è in grado di affrontare il conflitto palestinese attraverso negoziati diretti, con vari canali di compensazione e meccanismi di discrezione e controllo. Soprattutto, afferma il documento, il sistema giudiziario israeliano è noto in tutto il mondo per l’indipendenza dei suoi giudici, la qualità delle sue decisioni e la profondità del suo impegno per lo stato di diritto. Questa è una specie di “Iron Dome” fornito dall’Alta Corte di giustizia, per ora, contro l’Icc de l’Aia.

Netanyahu e i suoi che non risparmiano i giudici di critiche (e anche di minacce) sono adesso impegnati a riscrivere una legge che comporti anche l’annessione del 30% della Cisgiordania – entro la data “irrinunciabile” del 1° luglio – come desidera il premier. Ma sarà uno slalom legale impossibile. Perché diversamente dai territori annessi dopo il 1967, quando Israele ha dato pieni diritti ai residenti in quelle aree (come Gerusalemme Est), Netanyahu ha già annunciato che ai palestinesi residenti nella Valle del Giordano non sarà data nessuna cittadinanza.

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