Quando un mese fa emerse – grazie a uno studio dell’ospedale di Bergamo Papa Giovanni XXIII che i pazienti affetti da Covid morivano per trombosi – ancora non si conosceva il processo che innescava la patologia. Un altro studio di ricercatori italiani ha fornito la risposta. È stato infatti identificato il meccanismo alla base delle trombosi vascolari che giustificherebbe l’utilizzo di farmaci anticoagulanti. L’Aifa aveva chiesto poco meno di due mesi fa studi sull’eparina perché in una ricerca inglese si sosteneva che l’utilizzo riducesse la mortalità del 20%. Si tratta di una scoperta, fatta dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, il cui studio (finanziato da Airc) è stato pubblicato sul sito della rivista Americal Journal of Hematology. “Sapevamo che l’infezione determina una grande propensione a sviluppare trombosi venose e arteriose anche mortali in una percentuale di pazienti che arriva fino al 50% – spiega Carlo Gambacorti-Passerini, direttore della Clinica Ematologica dell’Università presso l’Ospedale San Gerardo di Monza – Rimaneva però ignoto cosa causasse questo fenomeno”.

I ricercatori si sono concentrati sul marcatore sFlt1 prodotto dalle cellule endoteliali. E hanno scoperto che i suoi valori, in particolare il rapporto tra sFlt1 e PlGF (fattore di crescita per le cellule endoteliali) si innalzano fino a 5 volte durante il ricovero dei pazienti. “Un innalzamento – precisa Andrea Carrer, primario di Ematologia al San Gerardo – che avviene molto presto, nei giorni immediatamente successivi al ricovero”. Questa situazione non si verifica in pazienti con polmoniti non Covid 19. Unica eccezione, dice Valentina Giardini, primario Ostetrico Fondazione Mamma e Bambino, sempre al San Gerardo, “è una malattia della gravidanza nota come preeclampsia“.

La conseguenza più importante, per i ricercatori, è che questa alterazione chiama in causa la molecola che il virus utilizza per entrare nelle cellule, nota come Ace2. In particolare, “il fatto che Ace2 venga soppresso dopo l’entrata del virus causa questo aumento di sFlt1 e quindi suggerisce che Covid 19 infetti direttamente le cellule endoteliali, quelle cioè che tappezzano la superficie interna dei vasi e hanno il compito di evitare l’innesco della coagulazione, almeno nei pazienti che sviluppano complicanze trombotiche”. Questo, per i ricercatori offre un razionale motivo per l’utilizzo precoce di farmaci anticoagulanti (come l’eparina), e di altri farmaci quali aspirina o sartanici (questi ultimi erano stati accusati di favorire l’infezione, ndr.), in grado di bloccare l’aumento di sFlt1. Gambacorti-Passerini avverte che “questi risultati richiederanno conferma tramite studi prospettici ma la loro rapida diffusione potrà permettere un trattamento più razionale ed efficace di questa nuova malattia”.

Lo studio su Americal Journal of Hematology

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