I morti per Covid 19? Alcuni uccisi dalle conseguenze causate dall’insorgenza di trombi. È l’ipotesi proposta in uno studio dei medici dell‘ospedale Papa Giovanni XIII di Bergamo pubblicato su MedRxiv e in attesa di essere pubblicato su The Lancet.

Ebbene, come riporta il Corriere della Sera, si è deciso di procedere con le autopsie: unico modo per comprendere le reali cause di un decesso. L’esame autoptico non era consigliato dalle indicazioni del ministero della Salute. “Per l’intero periodo della fase emergenziale non si dovrebbe procedere all’esecuzione di autopsie o riscontri diagnostici nei casi conclamati di Covid-19, sia se deceduti in corso di ricovero presso un reparto ospedaliero sia se deceduti presso il proprio domicilio”, il contenuto di una circolare ministeriale come scrive il quotidiano di via Solferino. Ma il direttore del dipartimento di medicina di laboratorio e anatomia patologica del Papa Giovanni XXIII, Andrea Gianatti, ha deciso di procedere agli esami e insieme al collega Aurelio Sonzogni, hanno iniziato il 23 marzo, nei giorni in cui la struttura è arrivata a ospitare 500 pazienti e la terapia intensiva non aveva più posti.

I risultati hanno cominciato a evidenziare che la causa di decesso maggiormente registrata non fosse l’infezione polmonare, ma le trombosi. Scopo dello studio, su 35 pazienti, era valutare “la presenza di anticorpi antifosfolipidi… per valutare se alcuni pazienti potrebbero aver sviluppato la sindrome catastrofica antifosfolipidica“, ma la risposta è stata no. “È molto probabile che diversi fattori contribuiscano a innescare lo stato di ipercoagulabilità e la tromboembolia ma, sulla base dei nostri risultati, la sindrome catastrofica antifosfolipidica probabilmente non è coinvolta nella patogenesi di questi fenomeni” la conclusione dello studio.

Una malattia sistemica e feroce, come è stata definitiva in un articolo di Science di cui non si conosce abbastanza e che sembra innescare più insorgenze in chi viene a contatto con il virus. “Ma è stato chiaro abbastanza presto – ha spiegato Gianatti al Corriere – che questa malattia si stava manifestando in forme diverse, multiple, bisognava capire. E in più c’era l’ambiente in cui lavoravamo: era impossibile non sentire la necessità di mettersi in gioco, vivevamo un ospedale completamente votato alla causa, in ogni ambito. Abbiamo deciso di iniziare a fare in due le autopsie, la prima il 23 marzo, io e il collega Aurelio Sonzogni.

“La teoria più credibile, oggi, collegata a questa scoperta, è che il virus attacchi alcuni recettori che si trovano proprio lungo i vasi sanguigni. E più in generale – ha chiarito il primario – che riesca a mettere in moto una serie di effetti che da un certo momento in poi non dipendono più da “lui”, ma ci sono e possono anche essere letali. Siamo ancora in fase di definizione, cioè non ci sono ancora certezze. Tutto va stabilizzato, ma queste sono valutazioni che spettano ai miei colleghi clinici”. Per contrastare le conseguenze scatenate dalla trombosi si usa l’eparina e in questo senso si capisce perché il mese scorso dal Regno Unito era arrivato uno studio che sosteneva che l’eparina riducesse del 20% il numero dei decessi. Ed è per accertare questa evenienza che l’Aifa ha autorizzato uno studio sull’uso dell’anticoagulante.

L’abstract su MedRxiv

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