Cultura

Lo Scaffale dei libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti a Wolinski, Loffredi, Virgilio

di Davide Turrini

Paulette - 3/3

Povero Wolinski. Ammazzato come una bestia innocente. Crivellato di colpi ad 80 anni nella redazione di Charlie Hebdo con la matita in mano. Più che un maestro del fumetto, Georges Wolinski era un uomo libero. Un’artista con le sue ossessioni, i suoi amorevoli tratti caratteristici, la sua carica culturalmente eversiva. Quando per caso ci è giunto il volumone Paulette (Oblomov editore) abbiamo subito ringraziato il dio delle rotondità femminili abbondanti. Disegnato e scritto nel 1971 con Georges Pichard, è pubblicato all’epoca su Linus da Oreste Del Buono, il personaggio di Paulette è un’autentica furia distruttiva rispetto alla morale dell’epoca e ha mantenuto una certa carica irriverente rispetto anche a quella dell’oggi. Paulette è una maggiorata bionda somigliante alla Bardot, ereditiera comunista, sbarazzina e impenitente, con sempre addosso una sottilissima e trasparente sottoveste che scivola a metà dei seni e ne abbozza i capezzoli. L’impianto narrativo è surreale, folle, disarticolato, perché non ha mai un vero centro di gravità spaziale e geografica, se non le prorompenti grazie e il disinibito andazzo della ragazza tra marpioni, gangster, profeti, biker, giocatori di football. Tutto inizia con un primo piano di Paulette con la testa appoggiata su un cuscino mentre guarda in faccia il lettore: “Adoro la notte perché è nera”. La ragazza viene subito rapita, arrotolata in tappeto, scambiata sempre in sottoveste tra diversi gangster fino a quando viene consegnata a Joseph, un vecchio laido e sporco che la ragazza con l’aiuto di una talpa magica trasforma in un suo doppio femminile altrettanto procace e moro. Le due ragazze attraversano così omacci concupiscenti di ogni rango e specie. Distinti signori occidentali, ma anche tanti arabi ricchi sfondati, crapuloni e impotenti, assatanati di sesso. Wolinski picchiava già duro nel ’71 quando ancora il fanatismo islamico era uno scenario di fantascienza. Eppure è proprio dietro a questa facciata moralista e perbenista, identica tra la borghesia dell’Occidente come dell’Oriente, distrutta dal ciclone Paulette, che si cela il bersaglio di una scrittura satirica senza freni e rispetto alcuno. Un colpo alla botte (“l’inferno degli increduli” proclamato da un orrido ometto profeta cristiano che incatena fanciulle) e uno al cerchio (il doppio speculare del califfo con l’harem ma “impotente come un pidocchio”), l’erotismo baldanzoso, irrefrenabile, gioioso di queste due ragazze giunge perfino tra gli scontri parigini del ’68 e nella giungla della guerra del Vietnam. La verve ruvida, musicale e tranchant dei dialoghi, magari un po’ datata, infine fa il resto. Imperdibile e godereccio. Il confronto con la Valentina di Crepax? Vinto senza nemmeno strafare. Voto: 7+

Paulette - 3/3
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