L’agenzia Agi stima in -39% la perdita della pubblicità televisiva durante il lockdown; per l’intero anno vari istituti prevedono un crollo prossimo al 20%. Le previsioni macroeconomiche per l’anno in scorso danno una diminuzione del Pil che spazia fra -8 e -12%; i consumi delle famiglie sono stimati su cifre ancora più negative.

Gli unici settori che nel mese di marzo hanno segnalato un dato positivo, secondo Mediobanca, sono il food (+10%), le Telco (+8%), il farmaceutico (+4%), mentre tutti gli altri settori segnano pesanti perdite, -85% il settore auto (in Germania la Volkswagen ha interrotto la produzione di Tiguan e Golf), -67% per abbigliamento e calzature, -66% per arredo casa. La crisi economica si avverte anche dal fatto che mentre all’inizio del lockdown c’erano file lunghe per entrare nei supermercati, in questi giorni le file si sono diradate di molto (si compra solo lo stretto necessario, come il cibo).

La pubblicità vive in simbiosi con l’economia. Dà all’economia, subisce l’andamento dell’economia. È, in breve, il principale selettore delle mode, dei costumi, delle tendenze, fa conoscere le potenzialità di ciascun prodotto e permette il lancio di nuovi; è una forma di informazione.

Per le aziende non è una semplice spesa corrente, ma un investimento, ed è bene considerarlo tale anche a fini fiscali. Nel contempo subisce l’andamento dell’economia: la recessione è il suo nemico, perché i primi tagli delle aziende, in particolare le medie-piccole, riguardano le spese per la promozione.

La pubblicità è una leva economica e nel contempo vive in simbiosi con i mezzi di comunicazione. La comunicazione audiovisiva, per esempio, si compra o si ottiene gratis nella misura in cui si assorbe la pubblicità in essa inserita. È uno scambio che ormai tutti accettano.

Il 21% delle risorse televisive derivano dal canone di abbonamento e sono appannaggio della sola Rai; il 41% dalla pubblicità e il 38% dagli abbonamenti pay. Già ora la televisione è come fosse divisa a metà: c’è una Tv “ricca” (di contenuti), quella a pagamento, e una tv “povera”, la classica tv generalista. Cosa succederà nel prossimo futuro? Durante il lockdown, come abbiamo rilevato in un precedente intervento, la Tv ha goduto di alcuni benefici inattesi.

La platea televisiva, invertendo una tendenza discendente che dura da anni, è aumentata in misura considerevole: +5,5 milioni di spettatori nei due mesi marzo-aprile rispetto allo scorso anno, e ciò ha permesso di contenere le perdite pubblicitarie. Nel contempo la tv ha “guadagnato” sul contenimento di diversi costi di gestione, come il rinvio di tante produzioni e dall’anticipazione della stagione delle repliche.

Rimane aperto il problema dei diritti del calcio, legati all’inizio o alla chiusura anticipata del campionato. Sembra che il calcio professionistico sia l’unico settore che non voglia prendere atto che i sacrifici debbano essere fatti da tutti.

In autunno cosa accadrà? Un probabile crollo della pubblicità avrà ripercussioni pesanti sul sistema, con rischi di gravose ristrutturazioni per tutte le aziende Tv e per quelle che ‘vivono’ con la Tv (come il settore dello spettacolo, le società di produzione, la Siae… solo il calcio è intoccabile). Gli spazi per i tre grandi operatori, Rai, Mediaset e Sky, si restringeranno e qualche operatore potrebbe rischiare di marginalizzarsi.

Nel contempo minori risorse corrispondono a minori investimenti sui programmi, quindi si potrebbe avere una Tv nel complesso più scadente, che favorirà la fuga dei telespettatori (magari a vantaggio del web), la quale allontanerà vieppiù la pubblicità. Si creerà un circolo vizioso dal quale la Tv generalista in particolare avrà difficoltà a uscire.

Contemporaneamente la pay, se riavrà ancora in esclusiva i diritti del calcio, conquisterà ulteriori spazi e potrebbe superare per ricavi la Tv generalista. Il tempo della “televisione per tutti” è un ricordo del passato.

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