di Enzo Marzo

Mestamente, ma c’è da ridere su quanto scritto da molti volenterosi che in questo tempo di Coronavirus si sono adattati alla retorica nazionale e nei loro scritti hanno preconizzato che, quando ne usciremo, saremo tutti diversi, più civili, con una vita vissuta più responsabilmente. E ci lasceremo alle spalle il nostro passato rovinoso.

L’esperienza, purtroppo, ci insegna che è una bufala, i costumi non cambieranno, la delinquenza e l’odio e il fanatismo non diminuiranno, il civismo non aumenterà. Nel mondo cambieranno molte cose – come al solito, visto che la storia è continuo movimento – ma nella sostanza l’uomo rimarrà quell’animale egoista e feroce che è stato sempre.

Nella prima guerra mondiale in cinque anni nel mondo morirono minimo 16 milioni di persone. Senza soluzione di continuità, arrivò l’epidemia della spagnola (1918-1919) che continuò la strage: ci furono 10 milioni di morti (alcuni hanno calcolato che si arrivò invece a 50 milioni), di cui 400mila in Italia.

Facendo la somma, si arriva a un vetta inimmaginabile di cadaveri, anno dopo anno, per circa 6 anni di seguito. Al confronto la pandemia del Coronavirus è cosa tragica, ma minore. Eppure passarono soltanto venti anni e nazionalismi e ideologie mortifere costrinsero gli uomini a maciullarsi di nuovo, provocando qualcosa come 60 milioni di morti tra militari e civili.

Scendiamo da una vera apocalisse ai nostri tristi giorni, dove tutti si sentono eroi per aver trascorso qualche settimana a casa. Il nostro paese, stremato da alcuni decenni di malgoverno, di criminalità imperante, di ceti politici e di classi dirigenti in tutti i settori perlopiù corrotte, corruttrici e incapaci, ha l’ardire e la speranza di poter cambiare.

Anche noi immaginiamo ottimisticamente una Terza repubblica che esili fuori dall’agorà pubblica ogni demagogia, ogni trasformismo, ogni dilettantismo. Ci auguriamo che la sofferenza patita renda insopportabile anche solo la vista di indecenti buffoni e avventurieri che ora imperversano sfacciatamente in lungo e in largo.

Però basta pensare alle ultime settimane per rimanere pessimisti. Neppure il Coronavirus, con le preoccupazioni e i dolori che ha portato, ci ha risparmiato il record di infamia della informazione, diventata produttiva dappertutto di bufale e di fogliacci propagandistici usati come manganelli, nonché di nuove strutture editoriali monopolistiche destinate ancor di più a interferire e condizionare la politica.

E, ancora, abbiamo sofferto sia il livello massimo dell’incapacità burocratica di risolvere anche problemi semplici, sia la constatazione di quanta corruzione o mancanza di senso dello Stato possano insinuarsi in vertici cruciali dello Stato. Come nella magistratura. E l’assalto sfacciato alla diligenza è appena cominciato.

Abbiamo avanzato proposte, altre ne faremo. Da diverse parti, alcuni volenterosi pensano al futuro confidando che il trauma provochi mutamenti radicali e virtuosi. Le ricette possono essere molteplici, ma non si farà neppure un passo avanti se non ci sarà un implicito accordo di gran parte del paese su due presupposti dimenticati da chissà quando: serietà e rigore.

Sappiamo bene che l’ignoranza e le malversazioni pubbliche e private non cesseranno, ma sarebbe già fondamentale se non fossero sfacciate, se le nuove generazioni non fossero portate a pensare che costituiscono la normalità della politica e della convivenza tra cittadini.

Il buonismo della Sinistra e l’affarismo della Destra hanno distrutto il paese, che è stato devastato dai condoni, dagli indulti, dalle sanatorie, dalle eccezioni, dalle deroghe, da tutto ciò che passava sulla testa della legge instaurando un fac-simile di Stato di diritto senza regole certe, alla mercé di approfittatori, evasori, cementificatori, inquinatori, corruttori, corrotti.

Così l’italiano si è abituato a vedersi ogni giorno di più scippato della democrazia liberale, delle regole civili. Fino a non farci più caso. Tutto è diventato normale, anche che siano al massimo 5-6 persone a nominarsi quasi tutti i parlamentari, alla faccia dei votanti che fanno la fila ai seggi elettorali.

Anche che le maggioranze politiche abbiano la pretesa di farsi la propria riforma elettorale pro domo sua (persino incostituzionale) a pochi mesi dalle elezioni, anche che possano esistere imprese che pretendono prestiti miliardari dallo Stato pur avendo sede fiscale e legale in altri paesi, e possono farlo in forza di un semi-monopolio informativo, ecc..

Basta. Non ho proprio l’intenzione di fare un elenco che sarebbe lunghissimo. Pensiamo al presente.

Questo numero è dedicato alla ripresa del paese, con proposte, progetti, utopie, analisi e idee vecchie e nuove: verso la terza repubblica

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