Il divieto di licenziamento, introdotto dal governo il 17 marzo scorso con il decreto Cura Italia, rischia di rimanere almeno per un giorno in un limbo normativo. Il motivo è dovuto al ritardo nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto rilancio, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 maggio. Il Cura Italia all’articolo 46 aveva infatti previsto uno stop ai licenziamenti in vigore per 60 giorni, quindi fino alla mezzanotte di oggi, sabato 16 maggio. Il dl rilancio all’articolo 83 va a modificare proprio l’articolo 46, prevedendo un divieto di “cinque mesi” e non più di “60 giorni”. Il problema però è che finché il decreto non entra in vigore, lo stop ai licenziamenti resta fissato fino al 16 maggio. Solo dopo, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il divieto sarà in vigore per i 5 mesi successivi alla data del 17 marzo.

A esprimere i suoi dubbi sulla possibilità di un vuoto normativo è l’avvocato giuslavorista Gionata Cavallini, legale della federazione di nove studi legali ‘Legalilavoro‘, che si occupa della tutela dei lavoratori. “Ipotizziamo che il decreto entri in vigore solo lunedì. Domenica 17 maggio abbiamo un blocco dei licenziamenti sancito dall’articolo 46 del Cura Italia che è scaduto e quindi alla data di domani non c’è nessun divieto in vigore“, spiega a ilfattoquotidiano.it. Quando il decreto entrerà in vigore, disporrà uno stop ai licenziamenti che però sarà valido anche per domenica, perché copre i 5 mesi decorrenti dalla data del 17 marzo: “Si pone quindi un problema di retroattività della legge – evidenzia Cavallini – perché alla data di domenica l’atto negoziale, cioè il licenziamento, è perfettamente valido”. “Può una legge del giorno dopo stabilire che l’atto negoziale del giorno prima non è valido? Si entra in un territorio complesso“, dice l’avvocato dei lavoratori.

Il suo ragionamento non è volto concludere che, senza la pubblicazione del dl rilancio, il licenziamento diventi automaticamente solido: “Non sto dicendo che non ci sia rimedio, però la tematica della retroattività della legge è pericolosa. Ovviamente si impugna l’atto, ma l’esito per il lavoratore non è scontato“, spiega Cavallini. Che non vuole polemizzare con il governo ma evidenzia quella che “a mio parere è stata una leggerezza da parte dei tecnici, che non si sono accorti che questa finestra è molto delicata“. Infatti, se la non retroattività della legge è un principio costituzionale solo a livello penale, “anche in ambito civile fino a che punto un decreto legge possa inficiare la validità di un atto negoziale precedente è un tema dibattuto“.

L’avvocato giuslavorista sottolinea anche che “le aziende serie non licenzieranno, perché c’è la bozza in circolazione”, mentre se qualche imprenditore dovesse decidere di approfittare del limbo normativo, “si assume il rischio che quel licenziamento sia giudicato illegittimo”. “Ma intanto ha licenziato”, Cavallini. Per questo, il legale ricorda che “un licenziamento per perfezionarsi deve arrivare al destinatario e la giurisprudenza dice che basta la doppia spunta blu su Whatsapp“.

Un discorso a parte va fatto invece per le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, anche queste sospese dal decreto rilancio una volta che entrerà in vigore. Riguardano le aziende sopra i 15 dipendenti e i rapporti di lavoro antecedenti al Jobs Act, così come i licenziamenti collettivi. “In questo caso – spiega Cavallini – il problema di una possibile finestra è relativo, perché anche se per un giorno queste procedure continuano a decorrere il problema non si pone“.

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