Musica

Ghemon: “Quando lavoro a un mio concerto ci sono 14 persone dietro le quinte. Ora non mi preoccupo per me o per le persone che non verranno ai live. Penso a chi vive di questo lavoro”

Il sesto album della carriera a cui ha lavorato per un anno e mezzo. Il disco della pace interiore e dell'amore, dopo anni difficili segnati dalla depressione. Ghemon a FqMagazine ha espresso la sua solidarietà ai lavoratori precari dello Spettacolo, fortemente danneggiati dalla pandemia che ha costretto a far saltare diversi eventi dei prossimi mesi, ma propone una associazione di tutti gli artisti per tutelare le categorie più fragili

di Andrea Conti

“Gli artisti vendono sogni e non mostrano la realtà dello spettacolo. Dovremmo unirci in un’associazione e tutelare i lavoratori deboli”

Ghemon, vero nome Gianluca Picariello, dopo il successo al Festival di Sanremo 2019 con “Rose Viola”, pubblica “Scritto nelle stelle” (coproduzione Carosello Records e Artist First) un gran bel disco d’amore con undici brani, che celebrano la vita quotidiana di un uomo adulto tra alti e bassi, sulle montagne russe dei sentimenti. Il cantautore e rapper a FqMagazine ha espresso la sua solidarietà ai lavoratori precari dello spettacolo, fortemente danneggiati dalla pandemia che ha costretto a far saltare diversi eventi dei prossimi mesi, ma propone una associazione di tutti gli artisti per tutelare le categorie più fragili. Ghemon, noto per il suo brillante sarcasmo su Twitter, vorrebbe cimentarsi con una esperienza televisiva, sulla scia dei late show americani. E poi rivela a chi era destinata “Rose Viola”, brano presentato a Sanremo 2019. Un indizio: ha una delle voci più belle della musica italiana.

Il disco era previsto per il 20 marzo, poi lo slittamento al 24 aprile. Come mai avete deciso comunque di uscire lo stesso?
Perché è un disco bellissimo e doveva uscire non poteva aspettare (ride, ndr). La prima volta era inevitabile che si slittasse di un mese, non avevamo notizie certe, nessuno poteva immaginarsi cosa sarebbe accaduto a causa del Coronavirus. Oggi invece abbiamo deciso di non posticipare più perché l’album offre una fotografia positiva e la musica è un mezzo di distrazione importante.

Hai aderito all’appello al Governo di Fiorella Mannoia, Laura Pausini, Tiziano Ferro e tanti altri a supporto dei lavoratori del mondo dello spettacolo. Come mai, ad oggi, non sono tutelati?
La questione è delicata e sfaccettata. Gli artisti in Italia hanno fatto un errore, quello di prediligere la dimensione del sogno e di essere quella cosa bella, la favola irraggiungibile per chi ascolta. Un artista non è solo uno che è stato baciato in fronte dalla fortuna. Nel mio caso non sono nato con una bella voce, ho fatto un sacco di sacrifici e mi considero un piccolo imprenditore. Quando lavoro ad un mio concerto ci sono 14 persone dietro le quinte e valorizzo il loro lavoro. Sono uno scarafaggio che si è abituato a tutte le situazioni, non mi preoccupo in questo momento né per me né per le persone che non verranno ad applaudirmi ai miei concerti. Penso a chi vive di questo lavoro, che fanno sacrifici, persone che escono di casa e pagano le bolletta. Gli artisti hanno peccato nel non associarsi, nel non essere una categoria che tutela i lavoratori dell’intera filiera musicale. Abbiamo tutto il diritto di farlo perché produciamo e creiamo economie importanti, al pari del turismo.

“Scritto nelle stelle” è un disco d’amore e arriva dopo momenti difficili come la depressione e il disordine alimentare, un messaggio di speranza?
Ci ho messo davvero tanto ad arrivare dove sono ora e mi rappresenta davvero tanto questo disco. Gli artisti, a volte, campano di rendita sulle proprie malinconie. Invece ho provato ad essere intenso e poetico, raccontando la vita di un adulto tra alti e bassi. Volevo parlare proprio di questo, della mia quotidianità e della felicità. Ci sono riuscito. Il punto di svolta è arrivato credo due anni fa, quando ho capito che la sofferenza non è garanzia che tutto ti viene ricompensato. La ricompensa viene dall’essere più forte delle tue sofferenze e dei tuoi disagi. Ho capito che la mia vita continuava, andava avanti e così ho voluto disciplinarmi e dare ordine al mio disordine interiore.

Quanto il tuo messaggio può essere d’aiuto a chi è in difficoltà?
Quando ho raccontato un po’ la mia storia, la depressione e tutto il resto, mi sono accorto che erano temi di cui si parlava e si parla poco, ma che accomunava tantissime persone. Spesso non si hanno gli strumenti per affrontare questi problemi e ci si vergogna per il giudizio della famiglia. Molte persone mi hanno scritto o di persona mi hanno detto che, dopo che ne avevo parlato, per loro non era più un argomento tabù. Un amore gigante che mi ha fatto riflettere molto.

“KO” chiude il disco e invita ad abbattere l’ansia e la paura di fallire. Stati d’animo molto diffusi in questo momento, sarà possibile riprendersi nelle prossime settimane?
L’animo umano tira fuori una forza eccezionale, quando non ce l’aspettiamo. Questo è stato il tempo dei pensieri e delle preoccupazioni, utile per fare qualcosa per noi stessi e anche per pensare di ripartire dopo questo momenti difficile.

Sei il primo in Italia a dare il via all’Instore Digitale. In cosa consiste?
Nella costruzione della mia carriera sono sempre stato attento alle persone che mi seguono. E se qualcuno in pre-order mette mano al portafogli per comprare il mio disco, ecco sono felice e riconoscente e quindi devo fare qualcosa per loro. Quindi li incontrerò virtualmente per parlare con loro e per fare qualche selfie.

Nel 2019 hai partecipato a Sanremo con “Rose Viola”. Vorresti tornarci?
Per me è stata una pacchia. Più che volentieri! È stato il primo progetto battezzato con Carosello-Artist First e visto che vengo da una lunga carriera, in cui ho suonato anche con un impianto scassato e dieci persone ad ascoltarmi, per me è stata una settimana di sogno quella del Festival. Tutti stanno attenti al tuo progetto, ti ascoltano, è stato davvero bello.

È vero che “Rose Viola” era destinata a Giorgia?
Verissimo! Poi me la sono tenuta per portarla a Sanremo. A dimostrazione del fatto che questa canzone non è nata per il Festival, ma proprio per darla a una grande voce, proprio per il piacere di pensarla per una voce femminile.

Il tuo sarcasmo su Twitter ormai fa tendenza. Da “Cosa farai per festeggiare, quando tutto questo sarà finito ? Mi rilasserò due o tre giorni a casa” a “Meglio poveri o meglio morti? Non si dovrebbe poter rispondere se non si è stati almeno una delle due cose”. Pensi di condurre un late show?
Sono un grandissimo appassionato dei programmi americani. Ho quella ironia lì, è vero, ma sono sarcastico da tre generazioni (ride, ndr). Sono un perfezionista e, in passato, non mi sentivo pronto per una avventura televisiva. Ora ho riordinato un po’ le idee e ti direi che mi piacerebbe molto poter tirare fuori questo lato, che difficilmente viene fuori con le canzoni, anche in televisione.

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