Il 23 aprile prossimo parte la sfida all’O.K. Corrall di Wyatt Earp Giuseppe Conte, che in quel di Bruxelles va ad affrontare non la banda Clayton bensì i ben più minacciosi gunfighters di Angela Merkel e del gambler arancione Mark Rutte.

Strana figura, questo nostro premier, che giovedì prossimo affronta il match della vita: entrato in politica dalla porta di servizio come consulente/mediatore dei due soci gialloverdi, ha imparato rapidamente il mestiere per poi giocare la partita in proprio. Subito dopo aver dimostrato a uno smarrito Matteo Salvini di avere grinta in misura infinitamente superiore a quella di un chiassoso Rodomonte par suo.

Questo marziano a Roma è stato il premier che ha saputo tenere la schiena dritta nel consesso europeo come mai prima di lui. E ora affronta il sinedrio all’orecchio dei banchieri, a cui si è ridotto da molto tempo il Consiglio Ue, in una sfida che non prevede pareggio: o vince, diventando l’eroe che impegna l’Unione a riprendere un cammino prefigurato nel lontanissimo 1941 a Ventotene, da tre italiani dalla schiena drittissima, oppure perde. E sarà definitivamente sbranato al ritorno a casa.

In questa “sfida infernale” Conte ha trovato – come non era mai capitato a un nostro rappresentante, spesso trattato da “italiano in gita”, fuori dal giro che conta – i suoi imprevisti Doc Holliday; a partire da quell’Emmanuel Macron che, schierandosi con les italiens solitamente snobbati da cugini poveri, si è liberato dall’algida rigidezza dell’enarca per lanciarsi in dichiarazioni appassionate: “l’Unione deve scegliere se essere un progetto politico o di mercato”; “è il momento di pensare l’impensabile”.

L’azzardo del nostro premier è indubbiamente grande: risvegliare il consesso continentale dal torpore mortifero e smascherare la miseria bottegaia di politicanti ancora prigionieri dei calcoli opportunistici, appresi e coltivati in queste quattro decadi di governabilità collusiva con l’affarismo plutocratico; di cooptazioni nelle sale con boiseries in penombra del denaro che si riproduce a mezzo denaro.

Partita difficile, in cui la minaccia di una Italexit (cioè l’uscita di uno storico partner che rappresenta 60 milioni di consumatori dei prodotti europei) è pareggiata dai problemi interni di alcuni avversari; tipo l’Olanda dei paradisi fiscali, il cui governo è sotto schiaffo da parte dell’opposizione di estrema destra e deve mostrare muso duro contro i fancazzisti del Sud Europa.

Proprio perché la partita è dura, Conte ha deciso di alzare la posta dichiarandosi contro il Mes senza se e senza ma (ossia a prescindere da condizionabilità o meno), in quanto l’oggetto del contendere è tutt’altro: imporre un salto di qualità alla politica continentale, recuperando il ruolo di motore dello sviluppo. Con questo dando all’Italia un ruolo da protagonista come mai in passato.

Ma è proprio qui che compare un personaggio non previsto nella sceneggiatura dell’O.K. Corral: il killer che spara alle spalle dei nostri eroi. Variazione del plot in cui risalta tutta la meschinità della sfera pubblica italiana. Non solo e non tanto il terrorismo verbale di un’opposizione di mestieranti della caciara; quanto il machiavellismo scriteriato di parte della stessa maggioranza, interessato solo al personale orticello.

Vicenda di livello infinitesimale, cui fanno da sponda i contorcimenti verbali della cosiddetta libera stampa; il cui unico scopo sembra quello di far fuori il premier, costi quello che costi: Alessandro Sallusti che finge una condiscendenza pelosa imputando a Conte “gravi inesperienze da neofita”, prescindendo dalle pezze d’appoggio a supporto della critica (e dimenticandosi volutamente che i leader “esperti” in alternativa sarebbero gli imbarazzanti Meloni e Salvini o il Berlusconi che i partner europei sbertucciavano alla grande); il portavoce del Gruppo Gedi Massimo Giannini, che esercita l’arte del mellifluo auspicando l’avvento salvifico del banchiere Mario Draghi e i suoi pregressi non propriamente esaltanti.

Visto che si è parlato di “alto tradimento”, proprio questo fuoco sedicente amico, mentre l’Italia gioca le sue fiches sul tavolo verde della politica europea, non parrebbe configurare una vergogna di tal fatta?

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