Perché l’ospedale di Alzano Lombardo fu riaperto il 23 febbraio scorso? Perché non venne sigillato dopo il trattamento dei primi pazienti positivi ricoverati da più giorni vicino ad altri degenti? Perché non venne chiuso, quello che in seguito diventerà praticamente l’epicentro del contagio di coronavirus in Italia? “Il 23 febbraio è arrivata la chiamata del direttore generale dell’assessorato al Welfare Cajazzo, che ha detto: non si può fare, perché c’è almeno un malato di Covid in ogni provincia, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona…Quindi riaprite tutto“. A puntare direttamente i riflettori sulla Regione Lombardia e un primario dello stesso ospedale di Alzano, che – in forma anonima e con la voce camuffata- ha raccontato ai microfoni del Tg1 chi diede l’ordine di riaprire il pronto soccorso il 23 febbraio scorso: Luigi Cajazzo, direttore generale dell’assessorato regionale al Welfare, quello guidato da Giulio Gallera.

Lega all’attacco: “Tv della vergogna, caso in Vigilanza” – Il servizio del telegiornale della rete ammiraglia – andato in onda durante l’edizione delle 20 del 9 aprile – ha subito scatenato le polemiche con la Lega – il partito che da anni governa la Regione Lombardia – subito all’attacco. “Medici, scienziati e dirigenti che da settimane lottano per strappare pazienti da una morte tremenda trattati come delinquenti da quello che fu un telegiornale autorevole. Con un’aggravante, che una giornalista senza scrupoli ha infangato un bravissimo dirigente convalescente di Covid-19 ammalatosi sul campo”, ha detto l’assessore regionale al Bilancio, Davide Caparini, riferendosi all’autrice del servizio, l’inviata Stefania Battistini. “Questa è la dimostrazione – prosegue Caparini – di quanto sono caduti in basso nel disperato tentativo di assolvere gli unici colpevoli dei ritardi nell’adottare quelle misure di contenimento che proprio la sanità lombarda invocava da giorni. Non a caso – conclude Caparini – la Rai è la televisione di Stato. La tv della vergogna“. Toni molto forti anche quelli usati dal deputato Alessandro Morelli, responsabile Editoria del Carroccio, che definisce il servizio “uno sciacallaggio indegno su morti e professionisti che combattono una battaglia difficile per il bene di tutti”. Annuncia querele e l’intenzione di portare il caso in Vigilanza, anche Massimiliano Capitanio, che della commissione parlamentare è segretario: “Se il direttore non esiste più in redazione, vediamo se comparirà in Tribunale qualora venissero accertati aspetti penalmente rilevanti in questo modo di fare giornalismo che non condividiamo e condanniamo fermamente. Il primo passo sarà affrontare la pericolosa situazione del Tg1 in Vigilanza, poi vedremo cosa succederà in altre sedi”. Porterà il caso in Vigilanza anche Forza Italia, che con Maurizio Gasparri usa toni simili ai primi anni duemila definendo quella del Tg1 come “un’informazione parziale e senza contraddittorio”.

Di Nicola (M5s): “Da Tg1 giornalismo d’inchiesta” – A difesa dell’operato del Tg, invece, si schiera Primo Di Nicola del Movimento 5 stelle: “Leggo di imbarazzanti attacchi al Tg1 per un servizio andato in onda ieri sera sull’ospedale di Alzano. Dunque il Tg1 che ha, per dovere di cronaca, intervistato un primario, coprendone la voce per far luce su una vicenda tutta da chiarire, di cosa sarebbe colpevole? Di aver fatto grazie alla sua inviata Stefania Battistini un ottimo servizio all’insegna di quel giornalismo d’inchiesta che tutti a parole invochiamo?”. Il senatore ricorda che sulla vicenda ci sono “indagini in corso” e “la libertà di stampa è ancora un valore di questo Paese. Forse disturba chi, in queste drammatiche vicende, evidentemente ha la coda di paglia per la pessima gestione dell’emergenza covid che in Lombardia sta costando la vita a migliaia di cittadini? La giustizia farà il suo corso, così come l’informazione. Come è giusto che sia”. Attacca il Tg1 schierandosi praticamente con l’opposizione il renziano Michele Anzaldi: “In queste ore una polemica della Lega coinvolge il Tg1 e a sua difesa si sono schierati consiglieri di amministrazione, partiti, il sindacato, esponenti politici. A loro vorrei chiedere: il Tg1 che difendete è lo stesso che nel mese di marzo ha sostanzialmente cancellato il pluralismo e i partiti politici dall’informazione? Nelle prime 3 settimane di lockdown del Paese, dal 7 al 27 marzo, il Tg1 è diventato TgConte: spazio quasi elusivamente al Governo, che ha addirittura sfiorato il 60% (56,8%) nei tempi di parola, relegando i partiti a percentuali a una cifra, con il record censorio contro Italia Viva.

Borioni e Laganà: “Si esprimano l’ad e il presidente” – Al fianco dell’inviata Battistini anche la Federazione nazionale stampa italiana, l’Usigrai, il sindacato interno dei giornalisti di viale Mazzini, e comitato di redazione del Tg1. Ma anche due membri del cdr: Rita Borioni e Riccardo Laganà. “I giornalisti e i medici non sono eroi a tempo determinato, altrimenti la storia degli eroi diventa trita retorica così come la libertà di stampa. Quando al caso di Alzano Lombardo, se qualcuno ha la certezza che quello che sta dicendo il primario intervistato è una sciocchezza, ne porti le prove”, dice la consigliera, eletta in cda in quota Pd. Il membro del cda eletto dai dipendenti, invece, chiama in causa l’amministratore delegato, Fabrizio Salini, e il presidente, Marcello Foa: “La Rai come Servizio Pubblico deve rappresentare l’interesse alla notizia dei cittadini non dei partiti o di privatissimi interessi finanziari. Auspico che l’Ad ma soprattutto il Presidente di garanzia della Rai intervengano sul tema”.

La testimonianza del primario: “E’ arrivata la chiamata del dg” – Sulla gestione dell’ospedale di Alzano Lombardo dopo la scoperta dei primi casi di contagio e sulla mancata istituzione della zona rossa della Bergamasca, la procura della città orobica ha aperto un’indagine contro ignoti, ipotizzando l’epidemia colposa. “Il 23 febbraio ero a una riunione con tutti primari e i capidipartimento di Alzano. Il pronto soccorso era chiuso e doveva decidere cosa fare. C’era stato Codogno due giorni prima. Tutti noi abbiamo espresso il nostro parere: l’ospedale andava chiuso. Si discuteva come fare”, è il racconto del medico al Tg1. “A un certo punto – continua – arriva la chiamata del direttore generale dell’assessoreato al Welfare Cajazzo, e dice: non si può fare perché c’è almeno un malato di Covid in ogni provincia, non possiamo chiudere oggi Alzano, tra due ore Cremona. Quindi riaprite tutto“. L’ordine, quindi, sarebbe arrivato dal cuore della Regione Lombardia. “Noi – continua il testimone – non sapevamo che Alzano sarebbe stata epicentro italiana, sapevamo solo di Codogno e quindi credevamo si dovesse fare come a Codogno”. Cioè chiudere e sigillare tutto. Ma così non è stato. Cosa hanno pensato i medici dopo che da Milano è arrivato l’ordine di riaprire il pronto soccorso ?”Siamo morti. Abbiamo pensato: se noi tecnici dobbiamo dipendere da loro, siamo morti“.

La lettera del direttore: “Serve intervento urgente” – Dopo tre giorni metà delle persone presenti a quella riunione si è ammalata. Ventiquattro ore prima, invece, il direttore dell’ospedale di Alzano, Giuseppe Marzulli, scrive alla direzione generale. Una lettera ufficiale, pubblicata da Tpi, in cui il dirigente spiega che “presso il Pronto Soccorso stazionano tre pazienti senza che vengano accolti né dall’ospedale di Seriate né da altre strutture aziendali. È evidente che in queste condizioni il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo non può rimanere aperto”. In un primo momento all’ospedale è stato chiesto di attendere l’esito del tampone sui 3 pazienti. “Tale indicazione” – continua il direttore – “è assurda (ed uso un eufemismo) in quanto come noto i tempi di refertazione sono mediamente intorno alle 48 ore e ciò vuol dire far stazionare tali pazienti per 48 ore presso il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo, cosa contraria a qualunque protocollo e anche al buon senso”. Una volta sollevata l’assurdità della disposizione, ad Alzano era stato comunicato che il problema era diventato “la mancata disponibilità di posti letto”. “Ridengo indispensabile un intervento urgente“, chiude la sua missiva Marzulli. Era già troppo tardi pero: ad Alzano, a Nembro, in tutta la Bergamasca, il virus aveva cominiciato a fare strage. A Bergamo il 26 febbraio c’erano “solo” 20 casi che però diventano 72 il giorno dopo, quasi quattro volte in più. Si passa a 103 il 28 febbraio, il 1 marzo raddoppiano a 209, poi 243 e in pochi giorni il focolaio si espande inarrestabile. Così inarrestabile che per poter cremare i deceduti il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha dovuto chiedere aiuto ad altre città e regioni.

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