In queste giornate in cui inevitabilmente ogni notizia ci riconduce alla pandemia di Covid-19, si sente spesso parlare di un legame tra coronavirus e inquinamento atmosferico. Sia per il ruolo che quest’ultimo potrebbe ricoprire nella diffusione di virus, sia rispetto all’impatto che la riduzione delle attività umane (in particolare la circolazione dei veicoli) potrebbe avere sulla qualità dell’aria che respiriamo.

Informazioni e dati solidi per chiarire questa ultima relazione si potranno avere solo a distanza di tempo, attraverso comparazioni e analisi su intervalli di tempo superiori a pochi giorni e che tengano in considerazione diverse variabili. Nonostante ciò sembrerebbe essere già in corso, come dimostrano diversi articoli usciti a mezzo stampa in questi giorni, un allarmante tentativo di strumentalizzazione e mistificazione, attraverso la lettura parziale di alcuni dati, finalizzato a ridimensionare il ruolo del traffico delle auto nell’inquinamento atmosferico.

Una recente analisi dell’Agenzia europea dell’ambiente mostra come le concentrazioni di agenti inquinanti nell’aria delle città europee si siano notevolmente ridotte nelle ultime settimane. Dati simili sono riportati dalle varie Arpa italiane, in particolare rispetto al biossido di azoto (NO2), gas molto pericoloso per la salute umana, a cui sono ad esempio riconducibili più di 14mila morti premature in Italia nel solo 2016. Tra le principali fonti di emissioni di NO2 ci sono i veicoli, soprattutto quelli alimentati a diesel.

Chi sostiene che l’assenza di auto nelle città in questi giorni non stia avendo impatti sulla qualità dell’aria ignora (o fa finta di ignorare) questi dati, e si concentra soprattutto sulle ormai note polveri sottili. Di recente, in molte regioni d’Italia si è infatti assistito a picchi di concentrazione di Pm10 e Pm2.5. Ragion per cui, per alcuni, si esagera quando si imputa alle auto un contributo determinante in termini di inquinamento. Quello che però spesso non viene detto è che, quando si parla di gas – ma ancora di più quando si parla di polveri – sono tanti i fattori che devono essere tenuti in considerazione per avere un’analisi completa della situazione.

Primo fra tutti le condizioni meteorologiche, in particolare pressione e venti. Le recenti impennate dei valori di polveri sottili sono infatti con grande probabilità riconducibili alla polvere del deserto trasportata dai venti provenienti dal Caucaso. Oltre al contributo di altri settori, come quello del riscaldamento delle case o dell’allevamento intensivo, che continuano a operare.

Il peso dei vari settori sull’inquinamento atmosferico varia in base a una serie di parametri, ma il trasporto rimane un settore centrale, e non solo per gli impatti sulla salute delle persone. I trasporti sono infatti responsabili di circa un quarto delle emissioni climalteranti nel nostro Paese, contribuendo in modo significativo all’altra grande crisi che stiamo vivendo: quella climatica.

Il diffondersi di un disastro, sul piano sanitario ed economico, come una pandemia non è ovviamente la soluzione per ridurre le emissioni, di qualsiasi tipo esse siano. Anche perché quasi certamente non appena riprenderanno molte delle attività al momento in stand by ci sarà un effetto “rimbalzo” che farà aumentare di molto le emissioni prodotte.

Eppure, ora come non mai è fondamentale riflettere su che modello di società vogliamo per il futuro, su come possiamo costruire un mondo più giusto e più pulito dopo il coronavirus. Per quanto riguarda il modo in cui ci spostiamo, abbiamo bisogno di meno auto in circolazione, più mobilità condivisa ed elettrica (alimentata da fonti rinnovabili), in città in cui ci si possa spostare in sicurezza in bici e a piedi, con trasporto intermodale e trasporto pubblico sviluppati, efficienti e sicuri.

Una mobilità sempre meno dipendente dai combustibili fossili, in cui la salute delle persone e quella del Pianeta siano entrambe garantite. Perché se c’è una cosa che la diffusione del coronavirus sta rendendo sempre più lampante è come crisi sanitaria e crisi ambientale siano due facce della stessa medaglia. Dobbiamo trovare soluzioni che ci facciano superare entrambe. Per la nostra salute e per quella del Pianeta.

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