Il coronavirus sarà uno tsunami, dal punto di vista sociale, economico, culturale, psicologico. Oggi ci sono persone che ogni giorno sono in prima fila, negli ospedali e nelle strade (servizi essenziali, consegne) e a loro va e dovrà andare il giusto riconoscimento. Tanti di noi si sentono sminuiti a “continuare”, seppur con ancora più convinzione, quello che facevano prima, ma senza poter dare un contributo fattivo a sconfiggere il virus.

Non siamo in guerra. Non siamo nel 1915 o nel 1942, non abbiamo bisogno di uomini soli al comando. Oggi abbiamo bisogno di più trasparenza e più informazione, non di meno. Abbiamo bisogno di una vasta azione popolare di risposta alla situazione emergenziale. Abbiamo bisogno di responsabilità e di unità nei comportamenti.

In Sardegna Vito Biolchini e pochi altri stanno dimostrando come la gestione dell’emergenza abbia portato al disastro o, meglio, a tanti disastri. La Segreteria della Fp Cgil Sardegna scrive come si sia deciso di lasciar morire gli anziani delle case di riposo. Maurizio Landini, a La7, afferma che il momento è straordinario, e che il coronavirus, i mutamenti climatici e la digitalizzazione impongono di cambiare il modello di sviluppo. Il sindaco Luigi De Magistris chiede il “reddito di quarantena”.

L’impatto del coronavirus sulle nostre società sarà enorme. Una fase, già traballante, si chiuderà, e un’altra s’aprirà. Quella traballante era quella del globalismo e del neoliberismo. Cosa verrà dopo non si sa. L’impatto economico, solamente in Italia, sarà nell’immediato nell’ordine dei 500-700 miliardi di euro, ma il carattere globale e continuato della crisi rende difficile fare previsioni. Tutto questo atterra nell’Europa del sud, in ampie aree dissanguate dalla crisi economica post-2008, con migrazioni di massa verso il nord.

In Sardegna la situazione non cambia. Poco prima dello scoppio dell’emergenza l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ha presentato un progetto organico sulla Sardegna, per evitare il deserto demografico e produttivo. Oggi, a poco più di un mese da quel progetto, con la sua visione a lungo termine, è ancora più attuale. Ce lo impone il coronavirus.

Da una parte c’è l’uomo solo al comando, il clientelismo, l’autoritarismo e le vecchie ricette: svendita del territorio e delle nostre ricchezze. Dall’altra c’è una ribellione forte, che porti ad una alleanza economica, sociale e, solo dopo, politica, che parta dalla ricostruzione, e che riprenda il concetto di piano, di “green new deal”, di responsabilità, di diritti, di trasparenza e partecipazione vera, concreta. Non ci sono schemini pre-confezionati, e neanche squadre già pronte. Il quadro è nuovo.

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