Per chi si è occupato di lotta allo spreco di cibo, di recupero degli avanzi, questa emergenza coronavirus è una sfida ancora maggiore. La sensibilità è alta, ma le difficoltà sono nuove e grandi.

Ramon, allievo sudamericano di una scuola di circo a Torino, racconta con un misto di pudore e di orgoglio che con un amico si è arrischiato poche sera fa, in pieno “coprifuoco”, a saltare un’alta recinzione per recuperare dai bidoni alcuni chili di cibo perfettamente mangiabile gettato da un supermercato torinese. Questo significa che ci sono supermercati che ancora in questi giorni buttano cibo perché ha superato una scadenza formale anche se non sostanziale o perché è diventato “brutto”.

Ramon sarebbe uno degli utenti del recupero della frutta e della verdura invendute alla fine del mercato di Porta Palazzo a Torino (progetto Repopp/ Ecomori) ma al momento il mercato, il più grande economico e popolare di Torino, è chiuso per cautela nei confronti del virus.

A Milano i mercati all’ aperto, dove si stavano sviluppando azioni di recupero e redistribuzione dell’invenduto (Sei Salvacibo, Recup) sono addirittura tutti chiusi. Chiuso anche lo straordinario recupero del sabato al mercato Esquilino di Roma. Più in generale, l’attività più forte in Italia di recupero dell’invenduto dai supermercati, quella di Banco Alimentare, si sta solo ora riprendendo dal colpo dell’emergenza quando si è trovata improvvisamente con gli ultra 70 enni, cioè la maggior parte dei volontari, indotti a stare casa, e con molti centri di redistribuzione del cibo chiusi, sempre per precauzione.

Il Comune di Milano ha fatto uno sforzo organizzativo gigantesco e ha praticamente “comunalizzato” (o “cinesizzato”) il sistema. Non sono più gli iscritti alle liste dei beneficiari ad andare a ritirare pacchi di pasta e confezioni varie nei centri del privato sociale, ma sono pulmini del Comune che girano a fare consegne a domicilio e stanno cercando di raggiungere quota ventimila nuclei familiari serviti.

Ma qui entriamo nel tema delle politiche sociali di emergenza, adesso è in arrivo una forte quantità di buoni spesa.

Torno all’argomento di questa nota: il recupero dello spreco di cibo. Intanto tutti dobbiamo fare e forse stiamo già facendo più attenzione a quanto e come compriamo, e come consumiamo, per evitare poi di buttare. Non tutti possiamo far qualcosa per evitare il paradosso che in mezzo a questa crisi, si butti via cibo dal settore commerciale. Ma in molti possiamo fare qualcosa.

Pochi giorni fa mi ha chiamato un giovane amico, Mehdi Salmi, dalla panetteria di Corsico (Milano) in cui lavora e mi ha raccontato il disagio che prova a gettare via il pane a fine giornata. Non è una cosa strana o perversa, è chiaro che il pane o viene esaurito o avanza, almeno un po’. Ma in questi giorni, Mehdi vorrebbe che il pane che ha fatto con tanta passione, andasse tutto a buon fine, abbiamo chiamato la Protezione Civile di Corsico e adesso c’è un contatto quotidiano per avvisare se avanza pane e raccorglielo. Quante migliaia di panetterie ci sono in Italia? E quanti supermercati non “serviti” da Banco Alimentare? Quanto spazio per iniziative piccole e flessibili che incrocino domanda e offerta…

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