Joe Biden conquista il Michigan e fa un altro passo importante, forse decisivo, verso la nomination. L’ex vice di Obama vince con larghissimo margine anche in Mississippi e prevale in Missouri e Idaho. Degli Stati che hanno votato ieri, a Bernie Sanders restano il North Dakota e lo stato di Washington (dove però il conteggio è ancora in corso). Poco, troppo poco, per mostrare una sua realistica chance di vittoria. La delusione del senatore è apparsa evidente nella decisione di cancellare il suo party elettorale a Cleveland (per il coronavirus) e attendere i risultati a Burlington, Vermont. Sanders per ora non parla. La sconfitta è stata aspra e bisogna capire cosa dire e come andare avanti.

Ha invece parlato Joe Biden. Anche Biden ha cancellato il party della vittoria a Cleveland, sempre per il coronavirus, ma è stato trasportato col suo jet personale a Philadelphia, dove ha parlato solo per i media dal National Constitution Center. Ha cercato, Biden, di tendere la mano al suo rivale: “”Voglio ringraziare Bernie Sanders e i suoi sostenitori per la loro incredibile energia e per la loro passione – ha detto -. Abbiamo un obiettivo in comune e insieme sconfiggeremo Donald Trump”. Riconoscendo le paure che percorrono l’America e il mondo in tempi di coronavirus, Biden ha parlato come se fosse ormai lui il predestinato alla vittoria nelle primarie democratiche: “Stasera siamo a un passo dal riportare decenza, dignità, onore alla Casa Bianca – ha spiegato -. In questo momento, in cui c’è così tanta paura nel Paese e nel mondo, abbiamo bisogno della leadership americana. Abbiamo bisogno di una leadership presidenziale che sia onesta, affidabile, veritiera, stabile”.

Biden ha tutte le ragioni per essere soddisfatto. Il risultato del voto di ieri lo mostra capace di vincere al Sud, nel Midwest, nel Nord-est. Dopo le vittorie trascinanti nel Super Tuesday, si precisa la coalizione di forze che lo sta spingendo verso la nomination. Il cuore del suo consenso resta il voto nero. In Mississippi, Biden ha conquistato l’86 per cento dell’elettorato afro-americano, contro l’11 per cento che ha scelto Sanders. Biden è forte, fortissimo, tra i democratici con più di 65 anni, che vanno a votare con un entusiasmo molto maggiore rispetto al 2016. In Missouri, la fetta di elettori over 65 è stata del 35 per cento; era del 22 per cento quattro anni fa. Biden appare poi in grado di accaparrarsi il voto di chi si definisce “moderato” o “piuttosto liberal”. Va forte tra le donne, soprattutto quelle con un titolo di studio universitario e appare in ripresa, rispetto a Clinton 2016, nel voto maschile bianco.

Proprio il voto in Michigan appare da questo punto di vista significativo. Lo Stato, una vecchia roccaforte blu passata a Donald Trump nel 2016, era il trofeo più ambito in termini di delegati nel voto di ieri (ne assegna 125). Qui Sanders aveva battuto a sorpresa Hillary Clinton nelle primarie di quattro anni fa: 49,8 per cento contro 48,3. Quel voto, allora, era stato un segnale che non tutti avevano colto. In Michigan i maschi bianchi, sia nelle zone rurali sia in quelle industriali, avevano votato Sanders come forma di protesta per una candidata che non amavano e non capivano. Biden sembra in grado di recuperare una parte importante di quel voto. Vince per esempio in diverse aree rurali come la Luce County e la Grand Traverse County, dove Sanders aveva trionfato nel 2016. Anche in Missouri l’inversione è chiara: Biden ottiene il 53 per cento del voto maschile e bianco – che nel 2016 aveva invece scelto in maggioranza Sanders.

La strada verso la vittoria di Biden appare ormai spianata. Il candidato che solo due settimane fa pareva destinato a un triste declino – appesantito dagli anni e da un programma troppo legato al passato – è oggi vivo, vitale, capace di vincere Stati grandi e piccoli, a Nord, a Sud, al Centro, forte nei consensi di bianchi e neri, dei laureati delle città e dei lavoratori delle zone rurali. Ha contato nella sua irresistibile e inaspettata ascesa la decisione del partito democratico di superare le divisioni e trovare un candidato unitario da opporre a Bernie Sanders. Ma ha contato soprattutto qualcosa che resta fortissimo nel voto e nelle coscienze di molti democratici. La priorità del 2020 è infatti battere Donald Trump, non trovare il candidato più vicino al proprio sistema di idee e valori. E Joe Biden viene considerato, a torto o a ragione, come il candidato con più possibilità di sconfiggere Trump.

I prossimi appuntamenti elettorali appaiono ancora una volta favorevoli a Biden. Martedì prossimo si vota in Florida, che ha un elettorato ispanico poco incline al sogno socialista di Sanders. E il 24 marzo ci saranno le primarie in Georgia, dove la coalizione multirazziale di Biden dovrebbe tornare ancora una volta utile. Per Sanders è il momento della riflessione, anche se al momento dominano delusione e rabbia. Il suo silenzio, chiuso nella casa di Burlington, è più esplicito di tante parole. Mentre Sanders non parla, i suoi supporters sono in queste ore su Twitter per attaccare Biden. Ci si prepara, anche così, al dibattito TV di domenica tra i due. Le speranze che Sanders possa riprendersi sono però sempre più labili. Per avere una speranza di vittoria, dovrebbe accaparrarsi il 55 per cento del voto futuro: cosa francamente poco probabile. Nelle ultime ore, presagendo il crollo in Michigan, il senatore se l’era presa con i “corporate media”, che non danno sufficiente risalto ai suoi programmi. E una nota di delusione Sanders aveva fatto risuonare anche nei confronti degli elettori più giovani, “che non votano nella stessa percentuale dei più anziani”, e che quindi l’avrebbero tradito. Ma questa era stata proprio la promessa della sua campagna: quella di sollevare passione ed entusiamo, portando a votare nuove fasce di cittadini. Non è successo. E la sfida di Bernie Sanders si avvia verso un malinconico tramonto.

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