La decisione di oggi di trasformare l’Italia in una gigantesca zona protetta invitando le persone tutte, indistintamente, a stare a casa porta alla domanda che molti si fanno: “Ma non staremo esagerando”?

L’esagerazione è sempre qualcosa che esorbita dal verisimile o dal giusto o dal conveniente e quindi poco compatibile con il buon senso. Tuttavia il rischio di esagerare in una guerra contro l’invisibile va messo in conto e in qualche caso l’esagerazione a sua volta, entro certi termini, diventa una forma di tutela. Probabilmente per esempio nella decisione del governo di chiudere le scuole c’è stato un grado di esagerazione: su 100.000 positivi al virus, meno del 2% sono soggetti sotto i 19 anni. Questi pochissimi soggetti hanno poi avuto un percorso clinico benigno e un contagio intra-familiare.

Oggi l’evidenza scientifica disponibile – come dichiara un esperto come Donato Greco su Quotidiano sanità – concorda sull’inutilità della chiusura delle scuole perché, ci dice, non esistono prove di efficacia che giustificano questa pesantissima misura. In effetti, dice Greco, “le attuali linee guida Cdc, Usa, Oms ed Ecd non segnalano la chiusura delle scuole come una misura di contenimento efficace per l’attuale coronavirus”. A quanto pare la stessa cosa aveva dichiarato all’inizio il comitato tecnico scientifico dell’attuale governo, per poi ripensarci. Le scuole comunque sono state chiuse e oggi siamo tutti pregati di restare a casa.

Pochi giorni fa in una conferenza stampa il premier Conte parlando proprio della decisione di chiudere le scuole ha dichiarato: “Quando dico che ci basiamo su informazioni tecnico scientifiche non dico che facciamo alla lettera quello che ci dicono i tecnici. Noi abbiamo una responsabilità politica. Valutiamo a tutto tondo gli aspetti in gioco. Noi seguiamo la massima trasparenza. Ma io e i miei ministri ci assumiamo tutta la responsabilità”.

Dopodiché il presidente del Consiglio ha aggiunto: “In questo momento anche gli scienziati non hanno evidenze scientifiche rispetto ad un virus che è nuovo, è chiaro che anche loro hanno difficoltà a dire con certezza alcune cose”. Ma allora la decisione di considerare l’intero paese zona rossa sulla base di quali ragionamenti è stata presa? Un grande poeta libanese, Khalil Gibran, ha scritto che una “esagerazione è una verità che ha perso la calma”. Mi chiedo primo se il governo ha perso la calma e secondo, ammesso che l’abbia persa, perché?

Supponiamo che abbia perso la calma: le spiegazioni plausibili possono essere le più diverse. Per un eccesso di zelo, per un ragionamento machiavellico, per ragioni di opportunismo, e perfino per ragioni di pura difesa delle proprie terga, cioè il governo che per paura di essere accusato di aver fatto poco fa più del dovuto. Politica difensiva.

Ma supponiamo anche che non abbia perso la calma, cioè che abbia preso una decisione in “scienza e coscienza”: in questo caso siamo difronte a qualcosa di diverso, cioè a ragioni politiche che si prendono la responsabilità di interpretare le evidenze scientifiche. Sono le parole “responsabilità” e “trasparenza” le chiavi di tutto: un governo alla luce del sole davanti a una grande complessità decide qualcosa, probabilmente anche esagerando e che va oltre l’evidenza scientifica, per la sola ragione che la complessità di una epidemia, per l’appunto, non può stare dentro una evidenza scientifica. In una evidenza scientifica vi può stare solo il dato biologico, ma non una complessità come un’epidemia nella sua interezza biologica, sociale, economica e politica.

Per cui saluto con favore e con gratitudine finalmente una politica che fa il suo mestiere, cioè che si prende in piena trasparenza la responsabilità di una interpretazione della complessità del mondo – con ciò accettando di sottoporsi al giudizio sociale.

E’ appena uscito il mio libro che si intitola L’evidenza scientifica in medicina e il cui sottotitolo è L’uso pragmatico delle verità (Nexus edizioni). La sua idea di fondo è che l’evidenza scientifica è un genere di verità fondamentale e irrinunciabile, decisa a tavolino da una comunità scientifica, seguendo certe regole metodologiche. Ma che, soprattutto se usata per curare le malattie e i malati e quindi anche le epidemie – cioè in relazione a gradi comunque alti di complessità – implica da parte di chi se ne serve, politica compresa, molte cautele, non poche abilità ragionative e una grande capacità di discernimento e persino in certi casi il coraggio di rinunciarvi.

L’evidenza scientifica non è quasi mai una verità dogmatica e assoluta da applicare semplicemente, nel nostro caso, ad una epidemia, ma implica sempre un suo uso pragmatico: cioè il suo uso necessita sempre che la valutazione scientifica sia integrata con altri generi di valutazioni per lo più politiche, sui contesti, sulle organizzazioni sociali, sulle realtà individuali e collettive.

Questo vuol dire che non è, come dicono alcuni consulenti del ministro Speranza, che debba essere la scienza a guidare la politica o addirittura a guidare i tribunali, ma che è la politica che deve servirsi della scienza e delle sue evidenze, usandole però in modo pragmatico – esattamente come un giudice che per giudicare davvero un caso deve tenere conto della sua complessità.

Nei confronti del coronavirus, credo che nelle decisioni del governo vi sia un qualche grado di esagerazione, ma considerando che con questa epidemia ci stiamo giocando il futuro del paese ringrazio il cielo di avere un governo che alla faccia delle evidenze scientifiche ha il coraggio di prendersi delle responsabilità. Questo – sia chiaro – non vuol dire fare certamente bene, ma come è avvenuto per brutte leggi sanitarie decise in passato, non prendersi delle responsabilità è fare male con assoluta certezza.

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