Un cold case risolto dopo 39 anni. L’imprenditore Santo Nigro è stato ucciso il 19 novembre 1981 a Cosenza e in quell’agguato fu ferito a una gamba anche il figlio della vittima che si trovava all’interno di un negozio in fase di ristrutturazione. Stamattina all’alba la Dia ha arrestato Mario Pranno, di 64 anni, e Francesco Cicero di 59 ritenuti gravemente indiziati di concorso in omicidio. Entrambi sono destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda di Catanzaro. Un terzo provvedimento di arresto è stato notificato in carcere Pasquale Pranno che era già detenuto.
Coordinata dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal sostituto della Dda Vito Valerio l’inchiesta ha colpito quelle che, per gli investigatori, sono figure storiche di rilievo della ‘ndragheta cosentina. Le indagini hanno consentito di ricostruire il delitto avvenuto in via Popilia su ordine dei boss della cosca Perna-Pranno. L’imprenditore Nigro, in sostanza, si era rifiutato di aderire alle richieste estorsive del clan e la sua morte, secondo la ricostruzione degli inquirenti, doveva servire alla cosca per riaffermare il proprio potere e costituire un monito per gli altri commercianti affinché non seguissero l’esempio della vittima. Per la cosca Perna-Pranno erano gli anni della faida con il clan Pino-Sena. Per garantirsi le risorse economiche e sostenere lo scontro con la cosca avversaria, gli indagati avevano sottoposto a estorsione tutti gli imprenditori e i commercianti della propria zona di influenza. “Non v’è dubbio – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – circa il fatto che l’omicidio sia maturato all’interno del gruppo criminale in questione quale atto ‘necessario’ al fine di mantenimento in vita del sodalizio, nonché al fine di evidenziarne la sua riconoscibilità all’esterno, con particolare riferimento ai commercianti della zona che avrebbero dovuto piegarsi alle richieste estorsive del gruppo, senza rimostranze”.
Rimostranze che, invece, Santo Nigro aveva manifestato esplicitamente agli emissari del clan. Ai magistrati lo raccontano diversi collaboratori di giustizia come Giuseppe Vitelli, un tempo appartenente alla cosca Perna-Pranno. “Successe – fa mettere a verbale il pentito – che erano andati a chiedere l’estorsione Aldo Acri, che poi è diventato collaboratore di giustizia, e Carmine Luce, mio cugino che poi è stato ucciso da me e dagli altri componenti del mio gruppo, ma Nigro rifiutò di pagare. Nella seconda o terza occasione in cui andarono a chiedergli di pagare l’estorsione lui cacciò Acri e Luce in malo modo e, per questa ragione, i vertici del gruppo, in particolare Mario e Pasquale Pranno e mio fratello Francesco Vitelli, si arrabbiarono molto, decidendo di ucciderlo…Dopo l’omicidio, Pranno Mario e Pranno Pasquale dissero che la morte di Santo Nigro doveva servire da esempio per chi non pagava”.
Nell’inchiesta sono indagati anche Antonio Musacco e il pentito Aldo Acri. Alcuni anni fa, lo stesso Mario Pranno si era assunto la paternità dell’omicidio Nigro durante un breve periodo di collaborazione con la giustizia, iniziato durante il maxiprocesso “Garden” e conclusa nel 2000 con la sua fuga da località protetta. Pranno era uno dei boss più violenti della cosca e per questo è già stato condannato definitivamente a 20 anni di carcere. Dal 2000, quando è stato catturato dopo il finto pentimento, al 2015 è stato detenuto. Da oggi è ritornato in carcere assieme a Francesco Cicero, detto il “pirata”, che, nell’omicidio Nigro avrebbe avuto il ruolo di ‘palo’ ai killer che hanno materialmente ucciso l’imprenditore. Il “pirata”, inoltre, è il fratello di Domenico Cicero, detto “Micuzzo”, che secondo la Dda, dopo il processo “Garden” avrebbe la reggenza della cosca Perna-Pranno.
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