Polizia, carabinieri, vigili del fuoco. Assessori, sindaci e magistrati. Dopo i contagi tra medici e infermieri che mettono alla prova gli ospedali, il coronavirus è arrivato anche nelle forze armate e nei tribunali. Dalle province ai palazzi della Regione, tra chi dovrebbe mettere in campo le strategie per gestire l’emergenza e dare indicazioni ai cittadini: in Lombardia l’assessore Alessandro Mattinzoli, positivo al virus, è stato ricoverato. Altri due assessori sono stati contagiati in Emilia Romagna.

I casi nelle Forze dell’ordine, per ora, sono circoscritti: tre vigili del fuoco dell’Accademia romana e quattro poliziotti tra Roma, Milano, Piacenza e Parma, dove anche un carabiniere è risultato positivo. Ma il punto, spiegano i sindacati, è che per ogni persona contagiata devono entrare in quarantena tutti i colleghi: vale per le caserme, per i commissariati. Il che può significare sessanta, cento agenti fermi. Con un pericolo – lontano, ma non impossibile – per la pubblica sicurezza. La ministra dell’Interno Luciana Lamorgese però scongiura ogni pericolo per la tenuta sociale: “No, nessun problema di ordine pubblico in Italia”, ha detto parlando con i giornalisti da Bruxelles. “In Italia sono state prese tutte le iniziative necessarie”. Una nota congiunta dei sindacati di polizia annuncia che agli agenti sono già state distribuite 67mila mascherine FFP3 e, dal 9 marzo, saranno 117mila. Distribuiti anche 500mila paia di guanti e un altro milione arriverà nei prossimi giorni. Il Siulm, sindacato militare interforze, fa sapere che tutti i corsi di formazione e i concorsi sono stati annullati o rimandati e che nelle caserme si prova a riorganizzare la vita quotidiana rispettando le nuove misure di sicurezza imposte dal governo. Al contrario, l’unione sindacale di base dei Vigili del fuoco denuncia: “Non abbiamo i dispositivi di protezione, per noi non è stato fatto nulla”. L’obiettivo comune, per tutti gli uomini in divisa, è quello di isolare e circoscrivere i contagi: più caserme in quarantena contemporaneamente significa far lavorare in deficit le forze sul territorio.

Polizia – Quattro poliziotti sono risultati positivi: il primo caso è stato registrato lunedì a Roma, un agente 53enne del commissariato di Spinaceto. Altri due agenti, uno a Piacenza e l’altro a Parma, entrambi impiegati in servizi non operativi, sono ricoverati in ospedale: positivi al virus. L’ultimo caso è stato registrato nella questura di Milano: l’agente, in servizio alla Digos, è stato sottoposto al protocollo dell’ufficio sanitario provinciale e adesso è in quarantena. Gli uffici della sezione sono stati sanificati. “Nelle zone rosse le forze dell’ordine lavorano nelle condizioni più stressanti, ma anche nel resto d’Italia, chi esercita una professione di aiuto alla cittadinanza è comunque più esposto al contagio, anche perché spesso sono i primi a intervenire per le misure di contenimento in caso di sospetti contagi”, spiega Daniele Tissone, segretario generale della Silp Cgil, sindacato dei lavoratori di polizia. “I dispositivi di protezione individuale – mascherine e guanti – sono già stati distribuiti e altri ne devono ancora arrivare, in modo da garantire la sicurezza degli agenti”. In una nota firmata da tutte le associazioni sindacali si legge che sono già disponibili 67mila mascherine FFP3 e, dal 9 marzo, arriveranno a 117mila. Distribuiti anche 500mila paia di guanti e un altro milione arriverà nei prossimi giorni. Tissone elenca le misure messe in campo nei commissariati: distanze maggiori tra chi lavora negli uffici a contatto con il pubblico, conferenze annullate, corsi di formazione in modalità virtuale. Anche le cerimonie di giuramento, dove si riuniscono famiglie e amici, sono state rimandate o annullate. Chi lavora nelle zone a rischio, prima di rientrare in reparto, sarà sottoposto una doppia visita di controllo con test del tampone.”Ci stiamo muovendo nella direzione giusta, le normative sul rischio biologico – come questo – ci sono ma adesso devono essere applicate nella pratica. Questo è un banco di prova per tutti”. Per ora i casi sono circoscritti a quattro in altrettante città, ma se dovessero aumentare, oltre ai malati bisogna considerare anche tutti i colleghi che dovranno mettersi in isolamento, portando l’organico in deficit. Ma questo, secondo Tissone, è uno scenario ancora lontano: “Al momento non c’è questo rischio e stiamo lavorando perché non ci si arrivi mai. Per questo è importante rispettare le regole. E’ vero che il Paese è in difficoltà, ma se la situazione peggiora, saremo tutti in difficoltà molto maggiori”.

Carabinieri – Un carabiniere in servizio presso al stazione di Fornovo, in provincia di Parma, è risultato positivo ai test del coronavirus. I suoi colleghi sono in isolamento volontario e sono in corso le procedure per disinfettare l’intera stazione. Nel frattempo, per assicurare il servizio ai cittadini, è stato istituito un servizio di stazione mobile, un furgone attrezzato a ufficio, e sono stati chiamati altri carabinieri della zona di Parma. “Abbiamo chiesto che i militari abbiano tutti i dispositivi di protezione necessari e, per ora, non sembrano esserci mancanze”, spiega Salvatore Rullo, presidente di Siulm, sindacato interforze di forze armate e carabinieri. “Chiediamo anche però che, vista la chiusura estesa delle scuole, i nostri militari possano godere di licenze straordinarie per restare con i bambini, specialmente chi lavora lontano da casa e non ha una rete assistenziale”. Le norme di sicurezza – mantenere un metro di distanza e evitare contatti fisici – vengono applicate anche nelle caserme, specialmente in quelle molto grandi come Ciampino o Pratica di Mare. “Stiamo valutando, ad esempio, se interrompere i servizi come le mense, dove si riuniscono moltissime persone contemporaneamente”. Per questa ragione, prosegue, sono stati sospesi tutti i concorsi e tutti i corsi di formazione. Fino ad ora, aggiunge il presidente Rullo, i casi di contagio tra i militari si contano sulle dita di una mano: “Due o tre casi in tutto – pochi, in percentuale, su 108mila carabinieri in servizio e 160mila membri dell’esercito – Ma il grande problema che hanno ora i vertici delle caserme è che per ogni contagiato ci sono decine, se non un centinaio, di persone che devono entrare in isolamento e quindi non possono più lavorare”. Meno persone sono operative, più è difficile continuare a garantire anche tutti gli altri servizi in cui i militari sono quotidianamente impegnati: “I numeri sono bassi, e bisogna lavorare sulla prevenzione per evitare che si abbassino di più. Quando l’emergenza sarà finita, bisognerà fare una riflessione sulle risorse: dal governo Monti in poi, ci sono stati continui tagli. Se si continua a ridurre il personale, nel momento in cui arriva l’emergenza ci si trova in grande difficoltà”.

Vigili del Fuoco – Anche i pompieri registrano i primi contagi, tutti riconducibili alla Scuola antincendi di Capannelle: dei tre allievi dell’87esimo corso risultati positivi, uno è in sorveglianza domiciliare attiva, asintomatico, gli altri due sono stati trasferiti in osservazione presso l’ospedale Spallanzani di Roma. “Capannelle è un ambiente molto promiscuo, con un via vai continuo – spiega Costantino Saporito, coordinamento sindacale Usb dei Vigli del fuoco – Bisognava attivarsi prima e anche lo screening è effettuato in maniera molto blanda, poco efficace: ci si limita a chiedere chi ha avuto contatti con chi. Ma può capitare – ed è capitato – che un pompiere si ricordi di essere stato a Roma otto giorni dopo, e nel frattempo ha avuto modo di girare e incontrare altre persone” Altri 129 allievi, tutti asintomatici, torneranno a casa per proseguire l’isolamento per le due settimane necessarie. “Prima venivano tenuti nella stessa stanza, tutti insieme. Solo in un secondo momento sono stati separati, una persona per stanza”. I sindacati lamentano la mancanza di dispositivi di protezione: “Noi non abbiamo nessuna protezione e siamo i primi a intervenire in casa delle persone. Ci sono stati dati dei soldi per comprare i dispositivi di emergenza ma sono stati utilizzati principalmente per bottiglie di disinfettanti. Bisognava fare profilassi prima, il ministro doveva preoccuparsi di tutti gli uomini in divisa”.

Assessori, sindaci e prefetti – Tre in totale i contagiati nei Consigli regionali: il primo è stato l’assessore allo Sviluppo sostenibile della Regione Lombardia, Alessandro Mattinzoli, risultato positivo al coronavirus e ricoverato. Tutta la giunta è stata sottoposta al test. Il governatore Attilio Fontana si trovava già in isolamento volontario dalla settimana precedente, da quando cioè una sua stretta collaboratrice ha contratto l’infezione polmonare: si tratta di una misura precauzionale, visto che il test ha dato esito negativo. In Emilia-Romagna, mercoledì, sono risultati positivi sia l’assessore alle Politiche per la Salute, Raffaele Donini, che la neo assessora alla Montagna Barbara Lori. La sindaca di Piacenza, Patrizia Barbieri, è risultata positiva al virus. Barbieri, che ricopre anche la carica di presidente della Provincia, si trova in isolamento nella sua abitazione. Anche tra i sindaci di piccoli comuni si sono registrati casi: come a Nembro (Bergamo) e a Borgonovo Valtidone, in provincia di Piacenza, dove sono risultati positivi sia il sindaco, Pietro Mazzocchi, che il suo vice. In quarantena tutti i dipendenti comunali, una trentina di persone circa: significa che un intero paese si è ritrovato improvvisamente senza vertici e senza uffici comunali aperti. Anche due prefetti sono risultati positivi al virus, una a Bergamo – tra le città più colpite dal coronavirus – e uno a Matera. A Bergamo contagiato anche il questore, che è asintomatico, in isolamento domiciliare: “Posso quindi continuare a lavorare e dirigere le operazioni di polizia in questo delicato momento anche se senza comunque avere contatti diretti con nessuno dei dipendenti della questura”, ha fatto sapere. Anche il prefetto Elisabetta Margiacchi, che è in buone condizioni di salute, continua a lavorare per coordinare la macchina organizzativa dalla sua abitazione.

Giustizia – A Milano tre magistrati sono risultati positivi al test, obbligando a chiudere l’intero Palazzo di Giustizia per la disinfezione straordinaria. Sospese tutte le udienze civili e penali non urgenti. In isolamento preventivo decine di persone che avevano lavorato a stretto contatto con i giudici. L’attività di uffici e cancellerie, invece, viaggia a regime ridotto e su via telematica già dai primi giorni dell’emergenza. Situazione simile a Napoli, dove due magistrati della quarta e quinta sezione della Corte d’Appello sono risultati positivi al coronavirus. Uno dei due giudici era appena rientrato in città dopo aver fatto la settimana bianca in Lombardia. Tutti i giudici delle due sezioni, insieme al personale amministrativo, sono in quarantena e tutte le attività giurisdizionali ed amministrative, “non di somma urgenza”, sono sospese fino al 9 marzo. Anche nel resto d’Italia il governo studia misure restrittive sulle attività giudiziarie. Dopo il caso del prefetto contagiato, il presidente del Tribunale di Matera ha deciso di sospendere “tutte le attività ordinarie” nel palazzo di giustizia fino al 14 marzo, in modo da permettere la completa sanificazione degli ambienti.

Parrocchie e assistenza ai poveri – Ma non sono solo i vertici amministrativi a subire le conseguenze del coronavirus: la comunità di Sant’Egidio mette in guardia dagli effetti sui più poveri. “Ci troviamo davanti a persone disorientate, che si sentono ancora più isolate”, spiega il presidente Ulderico Maggi sul sito dell’associazione caritatevole. “Queste persone rischiano di essere doppiamente discriminate: chi chiede l’elemosina rischia di non ricevere nulla perché le persone hanno paura ad avvicinarsi. Molte persone che seguiamo ci dicono di avere fame, di aver avuto problemi a trovare da mangiare. Cosa che in condizioni normali non succede”. Pane Quotidiano, storica associazione milanese che assicura ogni giorno donazioni di cibo a persone bisognose, ha sospeso la distribuzioni nelle sue due sedi. Anche le parrocchie spesso si trovano costrette a ridurre le loro attività di aiuto ai bisognosi, oltre che le celebrazioni liturgiche: mentre le chiese restano aperte per chi vuole pregare, nelle zone più a rischio sono state sospese le messe e tutte le celebrazioni previste per il tempo di Quaresima. Alcune grandi diocesi sono corse ai ripari con le liturgie in streaming, come a Venezia o a Padova.

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