Mio malgrado, frequentai la stessa scuola di un antipatico deputato di Forza Italia. Io conosco lui, lui conosce Berlusconi; io non conosco (personalmente) Berlusconi: la distanza fra me e l’ex-cavaliere è 2; si usa anche dire che fra noi ci sono “due gradi di separazione”. Da un racconto del 1929 viene una congettura: che il “diametro” della popolazione mondiale sia solo 6, cioè che fra due persone qualunque sulla Terra ci siano al massimo sei gradi di separazione. Non so se sia vero, ma anche se fosse 7 o 8 sarebbe sorprendente per una popolazione di sette miliardi. Pensandoci, però, non è nemmeno tanto assurdo: passando per B. io sono a distanza 3 da Lula da Silva, quindi può essere che con altri tre passi io arrivi anche a un Yanomama dell’Amazzonia. E voi? In realtà uno studio del 2011 di Facebook in collaborazione con l’Università di Milano afferma che la media delle distanze di ognuno di noi da chiunque altro è 4,74!
Gepostet von Facebook Data Science am Montag, 21. November 2011
Questo genere di considerazioni riguarda un modello matematico-statistico molto interessante, chiamato “mondo piccolo” (small-world). È un modello molto d’attualità, perché si sta rendendo tristemente realistico come modello di diffusione di epidemie: Wuhan-Codogno-Avellino ed ecco che in due passi si ha un contagio che ha del grottesco.
Il modello small-world riguarda reti (in senso anche astratto) costituite da agglomerati densi con rari collegamenti fra gli agglomerati stessi: i primi a studiarlo dal punto di vista matematico sono stati Duncan Watts e Steven Strogatz, con importanti contributi di Albert-László Barabási. L’interesse per questo modello è duplice: teorico e applicativo.
L’interesse teorico per una struttura small-world dipende dalla sua posizione di compromesso per quanto riguarda due parametri: per semplicità chiamiamoli densità e lunghezza. Li esemplifico nel modello con cui ho iniziato il post: quello delle conoscenze fra persone. La densità misura quanto i conoscenti di un individuo si conoscano fra di loro; la lunghezza misura le catene di conoscenze più corte fra due persone qualsiasi. Bene: in un modello di rete molto regolare posso aspettarmi densità e lunghezza alte. In una rete dove i collegamenti sono del tutto casuali, al contrario, le catene son corte e gli aggregati piccoli, cioè lunghezza e densità sono entrambe basse. Uno small-world ha invece densità alta e lunghezza bassa. Si capisce che è la situazione tragicamente perfetta per coltivare una malattia infettiva in un aggregato fitto e diffonderla rapidamente mediante catene corte che arrivano dappertutto.
Ma c’è un interesse applicativo. Oltre che nelle diffusioni di epidemie, si sono trovati sperimentalmente small-world in situazioni incredibilmente varie: nella rete elettrica degli Stati Uniti occidentali, nel sistema nervoso del verme Caenorhabditis Elegans (perché proprio lui? perché è un “organismo modello” molto ben conosciuto dai biologi), in una curiosa rete di attori cinematografici.
Una volta tanto, però, prima dei matematici era stato uno psicologo a occuparsi di situazioni del genere. Fra il 1960 e il 1963 Stanley Milgram (tristemente famoso per i suoi esperimenti sull’obbedienza) fece viaggiare lettere di mano in mano da una parte all’altra degli Stati Uniti analizzando numeri di buste giunte a destinazione, tempi, percorsi, passaggi.
Spero di sbagliarmi ma, per quanto affascinante, il modello small-world mi pare ancora limitato a un livello descrittivo: quando non ci sono teoremi potenti, la capacità di previsione e d’intervento è limitata. Perciò temo, per esempio, che questa teoria permetta solo di analizzare l’emergenza del Covid-19 senza suggerire molto più delle soluzioni intuitive già adottate. A me lascia l’inquietante interrogativo (che bisognerebbe tenere sempre presente anche per altre infezioni): quanti gradi di separazione ci sono fra me e un contagiato?