di Riccardo Cristiano*

Che cosa è richiesto alla Chiesa? Sembrerebbe le sia richiesto di stare nelle sagrestie, di regolarne flussi e deflussi. Certamente un’ampia letteratura ha convinto di questo e sette anni di pontificato bergogliano non potevano cancellare questa certezza profonda. Anche per l’esortazione apostolica Querida Amazonia, titolo in spagnolo e non in latino, ci si è occupati di tutto fuorché di Amazzonia: si è scritto di celibato, non dell’indignazione per quanto accade in Amazzonia.

Dunque l’orizzonte della Chiesa sarebbe la sagrestia. Ma anche volendo restare agli affari da sagrestani è importante dire che in questo è scritto: “È possibile recepire in qualche modo un simbolo indigeno senza necessariamente qualificarlo come idolatrico. Un mito carico di senso spirituale può essere valorizzato e non sempre considerato un errore pagano”. Ma anche questo non conta, conta solo una disciplina, opinabile come tutte le discipline, che sancisce lo stato celibatario dei sacerdoti non in tutte le chiese cattoliche, ma in quelle latina e ambrosiana.

Il problema è rilevante, certamente, perché questo stato celibatario deriva da una lettura sessuofobica. L’idea che il sesso sia impurità spinse ben prima del cristianesimo a prescrivere l’astinenza per chi celebrava i riti. Ma solo pochi secoli fa nel rito latino si rese obbligatorio il celibato per chi deve celebrare i sacramenti. La questione in Amazzonia è grave: un sacerdote per celebrare in tanti villaggi così distanti tra di loro avrebbe bisogno del dono dell’ubiquità.

Così al sinodo si è chiesta un’eccezione alla regola. Un tempo quel che decideva il sinodo era segreto, veniva comunicato solo al papa, lui poi scriveva l’esortazione apostolica post-sinodale. Ora non è più così. Ora i deliberati sinodali sono noti, e del sinodo sull’Amazzonia è nota la richiesta di un’eccezione alla regola celibataria, consentendo l’ordinazione di anziani conosciuti, sposati, con regolare famiglia e opportunamente formati. Quei popoli irraggiungibili hanno bisogno di eucaristia per non morire di “digiuno eucaristico”.

Francesco con la nuova Costituzione apostolica Episcopalis communio ha stabilito che, se approvato espressamente, il documento finale di un sinodo partecipa del magistero, cioè è magistero. Il Romano Pontefice lo ha condiviso? La sua lettera apostolica comincia così: “Ho ascoltato gli interventi durante il Sinodo e ho letto con interesse i contributi dei circoli minori. Con questa Esortazione desidero esprimere le risonanze che ha provocato in me questo percorso di dialogo e discernimento. […] Non intendo né sostituirlo né ripeterlo. Desidero solo offrire un breve quadro di riflessione […] Nello stesso tempo voglio presentare ufficialmente quel Documento, che ci offre le conclusioni del Sinodo e a cui hanno collaborato tante persone che conoscono meglio di me e della Curia romana la problematica dell’Amazzonia, perché ci vivono, ci soffrono e la amano con passione. Ho preferito non citare tale Documento in questa Esortazione, perché invito a leggerlo integralmente.”

E quanto il papa afferma nella lettera apostolica, e cioè che i sacramenti spettano esclusivamente a chi ha l’ordine sacro, appare compatibile con quanto chiesto dal sinodo.

Le resistenze curiali evidentemente ci sono, ma il resto? E’ il vescovo di Roma che scrive: “Bisogna indignarsi, come si indignava Mosè, come si indignava Gesù, come Dio si indigna davanti all’ingiustizia. Non è sano che ci abituiamo al male, non ci fa bene permettere che ci anestetizzino la coscienza sociale, mentre una scia di distruzione, e perfino di morte, per tutte le nostre regioni […] mette in pericolo la vita di milioni di persone e in special modo dell’habitat dei contadini e degli indigeni”.

Un uomo profondamente cittadino, totalmente metropolitano, sa guardare ai popoli amazzonici e dire: “Gli abitanti delle città hanno bisogno di apprezzare questa saggezza e lasciarsi ‘rieducare’ di fronte al consumismo ansioso e all’isolamento urbano.”

Anche questa indignazione entra nel magistero, o no? Questo documento non si intitola “Sacra Virginitas in Amazzonia”, si intitola Querida Amazonia: i titoli contano, come le evidenti difficoltà a far cambiare passo e scegliere davvero di dare priorità alla realtà piuttosto che ai dottrinalismi. “Le storie di ingiustizia e di crudeltà accadute in Amazzonia anche durante il secolo scorso dovrebbero provocare un profondo rifiuto.” Questo è il punto.

* Vaticanista di RESET, rivista per il dialogo

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