Erano gli anni 80, era la Milano da bere, e mio zio Dario Farina veniva a cena da noi almeno una volta alla settimana e ci diceva: “Oggi ho fatto un pezzo molto forte, sarà un successo”. Tutti i successi dei Ricchi e Poveri di quegli anni e di Al Bano e Romina sono di mio zio Dario, sto parlando della musica, le parole (con l’eccezione di Sarà perché ti amo) sono di Popi Minellono.

I pezzi di mio zio hanno vinto due volte Sanremo, nel 1984 con Ci sarà e nel 1985 con Se mi innamoro, nell’85 arriva anche terzo con il brano della Cinquetti Chiamalo amore. Con Sarà perché ti amo e Felicità non vinse, ma furono i dischi che poi vendettero più copie.

Bene, se non fossi io a ricordarvelo sarebbero in pochi esperti a conoscere il nome di mio zio, eppure è tra i compositori italiani che hanno mietuto più successi, anche a livello internazionale. So che i Ricchi e Poveri torneranno a Sanremo in questa nuova edizione, magari un accenno a Dario Farina sarebbe gradito, così tanto per rendere omaggio a uno degli artefici del loro successo.

Gli altri sono il discografico Freddy Naggiar e il paroliere-canzoniere Popi Minellono. Freddy è stato “il macellaio”, l’uomo del popolo, quello che aveva chiaro in testa cosa doveva avere una canzone per essere un successo, Popi e Dario traducevano le idee di Freddy in testi e musica. Mettete assieme tre grandi talenti e avrete pezzi che superano i decenni, che sono ancora sulla bocca di tutti, qualche anno fa sono stato allo stadio di San Siro e ho scoperto che tutta la curva dei tifosi milanisti intona Sarà perché ti amo prima dell’inizio della partita, per l’occasione cantano ‘Sarà perché tifiamo’! Tutto lo stadio cantava la musica di mio zio. Ma se vi dico Dario Farina non vi viene in mente nessuno.

Io e mio fratello abbiamo deciso di porre rimedio a questa ingiustizia, Roberto scriverà un libro su Dario intitolato proprio Sarà perché ti amo. Mio zio se lo merita, si tratta di una persona che ha preso il suo lavoro molto seriamente, i successi non nascono a caso, non possono farli tutti come scioccamente mi dicevano i miei compagni di scuola, sostenevano che tutti sono bravi a fare quelle canzonette, nulla di più sbagliato, ci vogliono talento e dedizione, mio zio ha passato tante ore sul pianoforte, ogni successo è frutto di un lavoro accurato, e anche di una bontà d’animo innata, solo così puoi fare dei pezzi che fanno ancora divertire tutti, dai bambini agli anziani.

Di recente io e Roberto siamo andati in Brianza a trovare Popi Minellono, ci ha accolto sdraiato sul divano, non può più stare in piedi per seri problemi alla schiena, e siamo usciti da quell’incontro invidiandolo, perché? Perché anche se può stare in piedi a fatica ci ha donato la sua forza, ci ha raccontato una vita piena di successi senza mai avere un atteggiamento spocchioso, era tenero con la sua compagna che lo accudiva, un gentleman d’altri tempi, con una voce profonda ci ha detto: “Tutto quello che ho fatto l’ho fatto nonostante me stesso, sono un pigro, scrivo le parole sempre all’ultimo momento, il disco Soli di Celentano l’ho scritto con Toto Cutugno in un pomeriggio, il testo di Ci sarà che poi vinse Sanremo l’ho inventato sul momento mentre ero al telefono con Al Bano che mi supplicava di mandargli subito le parole perché Pippo Baudo stava chiudendo le selezioni, il mio motto è sempre stato questo: l’ho fatto perché non sapevo che era impossibile. Le mie canzoni hanno venduto circa 200 milioni di dischi in tutto il mondo, e la critica non mi ha mai capito, per esempio nessuno ha capito che L’Italiano di Toto Cutugno è un testo quasi antipatriottico, c’è una profonda critica all’italiano medio, invece l’hanno scambiato per un testo di propaganda nazional-popolare, i critici proprio non ci arrivano”.

Quando gli abbiamo chiesto una canzone italiana che per lui era perfetta, ci ha risposto Cinque giorni che ti ho perso di Michele Zarrillo, non la conoscevamo, allora ci ha fatto sentire il pezzo in religioso silenzio, con una vera commozione negli occhi, il quadretto era perfetto, un uomo di 73 anni, con la schiena a pezzi, commosso dalle parole d’amore di una canzone, mentre un ferro
luccicava sul bracciolo del divano, a guardarlo bene era il calcio di una pistola nella fondina.

“Popi, perché hai una pistola a portata di mano?”, risposta: “Hanno tentato di rapirmi per ben due volte”. Ecco, questo è Popi, è quello che ha scritto “Felicità è abbassare la luce per fare pace, è aspettare l’aurora per farlo ancora, è un bicchiere di vino con un panino”, ma non provate a rapirlo, non provateci proprio, non è una buona idea. Che bei tempi quando mio zio, lui e Freddy sbancavano Sanremo!

Alla fine Popi ci ha congedati donandoci un suo libro di poesie, la dedica è stata questa: ‘con tutta la poesia che mi rimane’. Tornato a casa ho aperto il libro a caso e ho letto questa poesia:

UOMINI
Gli uomini per avere quello che non hanno
perdono quello che hanno
diventano quello che non sono
umanità senza coglioni
governati da coglioni senza umanità.

Articolo Successivo

Festival di Sanremo 2020, Junior Cally: “La mia ex mi dava del fallito, voleva che lasciassi il rap”

next