“La maggior parte degli oggetti che troviamo in mare sono superflui, si tratta di confezioni e packaging. Dobbiamo smettere di produrli e consumarli”. Franco Borgogno, giornalista, tutor al Master di giornalismo ‘Giorgio Bocca‘ all’Università di Torino e ricercatore dell’European Research Institute, dal 2015 racconta e collabora allo studio della presenza delle microplastiche e macroplastiche nell’oceano globale. Nel mare che circonda le isole Svalbard, nell’Artico profondo, ha partecipato a novembre alla campagna oceanografica HighNorth, coordinata dall’Istituto Idrografico della Marina italiana. Nel suo libro ‘Un mare di plastica‘ ha raccontato il viaggio effettuato nel Passaggio a Nord Ovest nel 2016, per raccogliere dati sulle microplastiche nell’estremo mare Artico. La sua esperienza racconta che la plastic tax “può aiutare” a tutelare l’ambiente e soprattutto a eliminare l’utilizzo del monouso. La tassa green introdotto con la manovra del governo giallorosso dovrebbe entrare in vigore a luglio, dopo essere stata già depotenziata per via dell’ostruzionismo di Italia Viva. Ora, passato lo scoglio delle elezioni in Emilia Romagna – dove sono presenti la maggior parte delle imprese del settore – sono di nuovo i renziani a mettersi di traverso. Questa settimana si voterà infatti l’emendamento al Milleproroghe che rinvia l’entrata in vigore della plastic tax al primo gennaio 2021. “È importante andare avanti con le leggi”, sottolinea però Borgogno, spiegando che a suo avviso la misura green diventa “un aggravio solo se le imprese del settore puntano esclusivamente a mantenere la quota di mercato e non a tutelare l’interesse della società”.

Il peso delle plastiche in mare supererà quello dei pesci nel 2050, un’immagine che rende l’idea del problema?
Se l’uso e il consumo di plastica continuerà come adesso, non è che vedremo il mare pieno di bottiglie ma aumenterà la densità delle microplastiche, quelle con un diametro inferiore ai 5mm, praticamente invisibili ad occhio nudo. La plastica non ha colpa: è un bene fondamentale, per esempio in campo medico. Il problema è l’uso insensato che ne facciamo: un bicchiere di plastica viene usato per pochi minuti ma rimarrà in fondo al mare per secoli e negli abissi non potrà iniziare la degradazione per mancanza di luce, ossigeno e per le basse temperature. La plastica ha una lunga vita e dobbiamo utilizzarla al meglio, considerando che la ricerca offre alternative. È un materiale prezioso e non è adatto al monouso.

A novembre ha partecipato a una spedizione oceanografica per studiare la presenza delle plastiche nell’Artico. Cosa ha scoperto?
Le plastiche galleggianti sono solo una piccola parte di ciò che troviamo in tutto l’oceano globale, fino ai fondali. Sempre nell’ambito del progetto pluriennale HighNorth, l’anno scorso siamo arrivati all’estremo dell’Artico, in zone mai campionate prima. La calotta polare è diventato un grande magazzino di plastica e abbiamo trovato e documentato 156 macroplastiche, frammenti o interi oggetti anche di grandi dimensioni, un numero enorme per quei luoghi remoti e isolati. È stata una scoperta inedita fino a quel momento, anche se non sorprendente conoscendo le correnti oceaniche, che ci racconta come lo scioglimento dei ghiacci stia liberando anche una gran quantità di plastica accumulata nei decenni passati.

Non solo Artico, le microplastiche e macroplastiche non sono lontane da noi, cosa succede nel Mar Mediterraneo?
È un bacino di mare circondato da paesi densamente popolati che negli ultimi 70 anni hanno fatto largo uso di plastica. Nel Mediterraneo troviamo la maggiore concentrazione di microplastiche al mondo, da 2 a 10 chilogrammi per chilometro quadrato, più alta anche delle cosiddette ‘isole di plastica’ del Pacifico dove le microplastiche raggiungono gli 850-900 grammi per chilometro quadrato. Se non le vediamo o non riusciamo a fotografarle non vuol dire che non ci siano, sono pezzettini piccolissimi che sono ovunque nei nostri mari, laghi, fiumi e oceani, che percorrono le acque della terra.

La plastic tax può essere utile?
Tutto ciò che contribuisce a ridurre l’utilizzo di plastica non necessaria è utile. La plastic tax può aiutare. Dobbiamo utilizzarne meno, ciò non significa ridurre il numero di oggetti ma abbandonare e sostituire il monouso con le alternative riutilizzabili.

È un aggravio per le imprese del settore oppure una misura per arginare il problema?
Non si tratta di eliminare i posti di lavoro ma di convertire la produzione. Lo spauracchio dei posti di lavoro si supera producendo in un altro modo perché certi prodotti hanno conseguenze gravi per la società. Si tratta di un aggravio solo se le imprese del settore puntano esclusivamente a mantenere la quota di mercato e non a tutelare l’interesse della società. L’obiettivo della plastic tax non deve essere mettere in pericolo i posti di lavoro, bensì favorire una transizione ecologica. Non è che fatta la tassa sia risolto il problema: la politica e la ricerca devono aiutare le aziende a trovare soluzioni alternative al monouso. Non è semplice ma è necessario perché la vita sulla terra dipende direttamente dalla salute del mare, che ci permette di respirare, bere, mangiare e lavorare. Non si tratta di essere buoni con gli orsi polari, parliamo della nostra casa e della nostra esistenza. È un nostro interesse concreto. La maggior parte degli oggetti che troviamo in mare sono superflui, si tratta di confezioni e packaging. Dobbiamo smettere di produrli e consumarli, è necessario cambiare il design industriale, non basta il riciclo.

Come potrebbe essere migliorata?
È necessario favorire la ricerca e l’innovazione, trovare un’alleanza col mondo produttivo. La chiave è un’economia circolare dove i prodotti e i materiali non diventano mai rifiuti, ma cambiano la loro funzione. La politica ha un ruolo fondamentale per offrire soluzioni. Nel frattempo è possibile usare tutte strategie possibili per diminuire il nostro impatto sull’ambiente, come la plastic tax o il riciclo.

La Finlandia ha tassato la plastica dal 1997, in Norvegia si paga sugli imballaggi a perdere e in Gran Bretagna nel 2022 entrerà in vigore una tassa sulla plastica monouso. Arriviamo in ritardo?
Tutti i Paesi del nostro continente seguono le indicazioni dell’Unione Europea, se non ci avesse spinto non avremmo fatto queste scelte. È importante andare avanti con le leggi, prendendo ispirazione dalle buone pratiche degli altri Paesi e adattandole al nostro contesto.

Intanto i nostri supermercati sono ancora pieni di imballaggi di plastica, la distribuzione con lo sfuso è ancora limitata, cosa non sta funzionando?
Se compro un’arancia sbucciata in una scatoletta di plastica le aziende continueranno a produrla e a venderla. Se compro solo l’arancia, smetteranno e me la venderanno sfusa. Le confezioni vengono prodotte perché continuiamo a comprarle. La prima soluzione è fare scelte sostenibili, non comprare prodotti con troppi imballaggi. Nel caso dell’arancia, la compro e la sbuccio da solo. Il nostro ruolo come consumatori e consumatrici è centrale, così come le leggi e l’impegno delle aziende.

Il bicchiere di plastica dove beviamo per pochi minuti durerà più di noi?
Una persona in cinquant’anni invecchia, invece la plastica rimane potenzialmente intatta. Sulle spiagge italiane si trovano oggetti di plastica prodotti 50 anni fa. Lo scorso inverno ho trovato su una spiaggia dell’Adriatico un flacone prodotto tra il 1967 e il 1971. Era ancora integro e solido. Il bicchiere che usiamo per pochi minuti ci mette svariate decine di anni a degradarsi, dura molto di più della nostra vita.

Cosa possiamo fare, quali azioni potrebbero fare la differenza?
Durante la giornata possiamo fare la differenza con le nostre scelte. Ad esempio, usando la borraccia: significa risparmiare centinaia di bottiglie l’anno. Portare la borsa di tela al mercato, rifiutare le cannucce, evitare gli oggetti che userò solo per un minuto e che ci metteranno più della mia vita a degradarsi. Usiamo molte migliaia di oggetti monouso durante le nostre esistenze, un’enorme montagna, che resterà sulla terra dieci volte la durata delle nostre vite, il tutto moltiplicato per la popolazione della terra e per le generazioni. Le nostre scelte hanno un peso che ricadrà e muoverà i produttori e la politica. I comportamenti individuali sono l’interruttore del cambiamento.

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