Decine di piazze, migliaia di luci. Tutti insieme, da Nord a Sud, per illuminare ancora una volta la storia oscura di Giulio Regeni, 4 anni dopo la sua uccisione in Egitto. In piazza sono scesi gli attivisti di Amnesty International, ma non solo. L’appuntamento era alle 19,41, l’ora in cui il ricercatore friulano, rapito in Egitto il 25 gennaio del 2016 e poi ritrovato senza vita il 3 febbraio, mandò l’ultimo sms. “Il suo nome”, dice Amnesty sul suo sito, “a quell’ora si unì a quelli dei tanti egiziani e delle tante egiziane vittime di sparizione forzata e poi di tortura e di omicidio in Egitto”.

A una delle fiaccolate, a Fiumicello, in provincia di Udine, ha partecipato la famiglia di Giulio. “25 gennaio 2016 – 25 gennaio 2020…4 anni … grazie di cuore a chi ci sta vicino…!!!!”, ha scritto su Twitter Paola Deffendi, la mamma di Regeni. A Fiumicello c’era anche il presidente della Camera Roberto Fico e il presidente della commissione d’inchiesta Erasmo Palazzotto. Oggi ha parlato anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Ringrazio”, ha scritto su Facebook, “chi ha voluto ricordarlo in molte piazze d’Italia, abbraccio la famiglia di Giulio e, consentitemelo, non voglio aggiungere molto altro, perché credo che le parole non bastino più. Lavoriamo incessantemente per la verità. C’è tutto il mio impegno e quello del governo”.

Il presidente Fico, a margine della fiaccolata, ha ribadito che “il 2020 deve essere l’anno della verità. Oggi siamo qui non solo per ricordare Giulio, ma per far sì che ci sia una memoria attiva, una memoria combattente che possa farci arrivare alla verità. Lo Stato ci crede e non lasceremo niente di intentato fino a quando non raggiungeremo la verità”. “Le istituzioni – ha concluso Fico – si devono muovere in modo coordinato e dobbiamo riprendere la cooperazione giudiziaria: oggi abbiamo 5 iscritti nel registro degli indagati, che sono anche agli atti della Commissione di inchiesta parlamentare e deve iniziare il processo: che inizi almeno per queste 5 persone”.

“Sono trascorsi quattro anni da quel 25 gennaio”, è stato invece il commento di Amnesty, “e le autorità egiziane si ostinano ancora a non rendere noti i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito, di chi ha coperto e ancora copre il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio. Sin dall’inizio esse hanno scelto la tattica del depistaggio, della perdita di tempo, delle promesse non mantenute. Loro interlocutori sono stati quattro, ormai, diversi governi italiani che non hanno saputo o voluto chiedere con la necessaria costanza e fermezza la verità per Giulio”.

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