“Offendere l’uomo è il delitto peggiore che si possa commettere”. Aldo Rolfi, figlio di Lidia, oppositrice politica sopravvissuta ai lager nazisti, affida alle parole di sua madre, in un’intervista a La Stampa, il proprio commento a 24 ore dalla scoperta della scritta antisemita sulla porta della propria casa, sulla quale è stato scritto “Juden Hier”, “Qui ci sono degli ebrei”. Vicenda che ha però stimolato la solidarietà della comunità di Mondovì, in provincia di Cuneo, con un centinaio di persone che, nonostante la pioggia, nella serata di venerdì ha partecipato con lui a un presidio di solidarietà.

I presenti hanno intonato canti e letto scritti dei deportati davanti alla casa dove la donna, ex partigiana e oppositrice politica, ha vissuto sino alla morte, nel 1996, e dove ora abita il figlio. La famiglia non è nemmeno di origine ebraica, ma è bastato rappresentare un simbolo della resistenza piemontese per finire nel mirino di gruppi antisemiti, visto che Lidia Beccaria Rolfi è stata una delle prime donne italiane a raccontare le atrocità compiute all’interno dei campi di concentramento nazisti. Presente anche l’Anpi provinciale, rappresentata dalla presidente Ughetta Biancotto, mentre l’associazione MondoQui, che ha organizzato il presidio, ha annunciato che lunedì 27 gennaio, alle 20, si terrà una fiaccolata davanti al Comune di Mondovì.

Mentre Digos e Carabinieri hanno avviato indagini per individuare i responsabili, Stefano Casarino, presidente dell’Anpi di Mondovì, ha sottolineato che “quello che è successo non è una ragazzata. Ora basta con l’indifferenza”. Concetto ribadito anche da Aldo Rolfi: “Questo gesto – ha affermato – ha alle spalle un contesto ben preciso. Siamo davanti a una situazione di impoverimento culturale. Oggi persino nelle scuole non si parla più di cosa fu l’Olocausto. In un liceo, dove sono andato a parlare agli studenti, mi sono sentito chiedere da una professoressa ‘ma come erano organizzate le scuole ad Auschwitz?””.

Anche la politica ha mostrato vicinanza alla famiglia Rolfi, con i consiglieri regionali piemontesi Marco Grimaldi (Luv) e Daniele Valle (Pd) che hanno invitato i cittadini ad appendere su “tutte le nostre porte” un foglio con le diciture “Qui abita un ebreo – Qui abita un antifascista”:”I revisionisti, i fascisti, i nostalgici, aspettano tutto l’anno ricorrenze come il Giorno della Memoria o il 25 aprile – è l’appello di Valle e Grimaldi – per prendersi i loro perversi momenti di gloria. Quello che è accaduto a Mondovì ha lo scopo, come altri gesti a cui assistiamo ormai troppo spesso, di spostare il limite, di forzare la mano, di provare a mettere in discussione anche ciò che invece è a fondamento della nostra Repubblica. Lo diciamo apertamente che questi gesti sono vigliacchi e disgustosi. Noi siamo qui, oggi come ogni giorno, a ribadire che il Piemonte è antifascista e che non passeranno. Mai. Scriviamo davanti alle nostre case, su tutte le porte: qui abita un ebreo, qui abita un antifascista. Bisogna reagire”.

Dura anche la reazione dell’esponente di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, che parla di “gesto infame”: “Mi sento ferito, insultato da quella scritta e quella stella, sulla porta di una casa di Mondovì, come se le avessero fatte alla mia. Perché così sento la mia provincia, come casa. E proprio per questo so che la totalità delle persone che la abitano disprezza questo gesto infame

Il rigurgito fascista Lidia Rolfi lo aveva preannunciato già negli anni ’90, spiega Aldo nell’intervista. Sua madre già nel 1993 diceva che “aveva paura di questa inversione della destra che sta emergendo perché non siamo stati sufficientemente attenti”. E il focus del pensiero della donna toccava anche il tema dell’immigrazione, oggi carburante per i nuovi nazionalismi: “Che ci piaccia o no, siamo destinati a diventare Paesi multirazziali – ricorda Aldo citando la madre – Dobbiamo iniziare a vedere le persone che hanno pelle o tradizione diversa da noi come uomini. E diceva anche che offendere l’uomo è il delitto peggiore che si possa commettere. Perché è quello che lei ha vissuto sulla sua pelle nei lager”. “Abbiamo fallito – ha concluso – perché se questo è il messaggio dopo l’orrore dei campi, allora è un fallimento per tutti“.

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