Le immagini del Papa che schiaffeggia la mano della fedele invasata hanno fatto il giro del mondo e sollevato le più svariate reazioni.

Ora, tutto si può dire ma non che Francesco sia una persona violenta e aggressiva. In tutta la sua vita ha dimostrato la sua straordinaria umanità, la sua sensibilità e attenzione ai più deboli e un impegno per la Pace e la nonviolenza ammirevoli. E allora? Cos’è accaduto l’altro giorno, in quella piazza, che lo ha fatto così infuriare?

Niente di particolare, a mio avviso. Il Papa è un uomo, una persona di 80 anni, con tutte le fragilità che già questo comporta, oltre al peso di tutti gli attacchi che quotidianamente riceve -specialmente al suo interno – per il coraggio di tante scelte che sta operando. Un anziano che all’improvviso si è sentito strattonato con violenza per un braccio, dalle spalle, e ha avuto semplicemente paura. Tutto molto umano. E ha reagito come farebbe qualunque “homo sapiens” in quella situazione: ha cercato di “liberarsi” dalla presa di quella fanatica invasata.

Non l’ha attaccata, sia ben chiaro, si è difeso. Però non l’ha fatto con la forza delle parole, come probabilmente avrebbe fatto in un altro momento, se non fosse stato colto di sorpresa e non si fosse spaventato, ma con una serie di schiaffi sulla mano che hanno stupito molti. E dei quali, peraltro, lui stesso si è scusato l’indomani, dicendo di avere “perso la pazienza”, dando così un cattivo esempio.

In realtà, a mio avviso, non ha perso la pazienza, ha avuto proprio paura e ha reagito d’istinto per liberarsi. Quelle immagini, viste e riviste al rallentatore, mi hanno fatto riflettere. Specialmente il suo sguardo dopo essersi liberato, uno sguardo arrabbiato, quasi incattivito, al quale non siamo abituati per Francesco. Mi hanno fatto riflettere su come spesso venga frainteso il sentire comune che spinge milioni di persone ad abbracciare la fede leghista.

Molti, specialmente a sinistra, immaginano i leghisti come dei bruti. Cattivi, violenti, fascisti, razzisti. Aggressivi. Secondo me non hanno capito nulla delle emozioni che li spingono fra le braccia di Matteo Salvini. I leghisti sono impauriti, proprio come Papa Francesco. Sono – o per lo meno si sentono – fragili, vulnerabili, indifesi. Non sono razzisti (non la maggioranza, per lo meno), non interessa loro il colore della pelle dello straniero, ma pensano che questo rappresenti per loro una minaccia. Una concorrenza sleale, soprattutto nel mercato del lavoro, disponibile a lavorare – per disperazione – anche per due lire. E di conseguenza un competitor che li impoverisce.

Ecco perché tante persone votano Lega anche al Sud. Anzi, paradossalmente, vista la massiccia presenza di immigrati non qualificati che al Sud fanno concorrenza agli italiani, abbattendo i loro salari, non dovremmo poi stupirci tanto della loro fede. Sì, scrivo fede, perché di questo si tratta, di un atto di fiducia – estrema, disperata, beninteso – in qualcuno che promette di liberarli dagli “invasori”. Poco importa che poi realizzi davvero le promesse o meno, l’importante è avere qualcuno in cui sperare, che faccia sognare la “liberazione”.

Non sono cattivi, i leghisti, se non nel senso etimologico del termine: “captivus” in latino significa infatti “prigioniero”. Prigionieri della propria paura che li spinge a vivere sempre come Papa Francesco in quei pochi attimi. Provate a pensarci un attimo: non deve essere bello. Proprio per nulla.

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