Uno dei risultati di cui vado fiero in questo anno di lavoro è il rilevante numero di coppie che si sono rivolte a me e ai miei collaboratori nel periodo post partum. Non sempre e non esclusivamente per delle vere e proprie depressioni, clinicamente conclamate, ma anche per iniziali stati di malessere con insonnia, stato ansioso, pensieri intrusivi di tipo ossessivo o infine semplicemente per dei dubbi e suggerimenti.

Credo molto che la sfida in campo psicologico sia il passare dalla fase diagnostica e terapeutica a un nuovo ambito in cui sia centrale la prevenzione. Come in altre branche della medicina, riconoscere i primi sintomi di un disturbo precocemente è fondamentale per il successo delle terapie, che risultano così meno invasive e molto più facili da attuare. Aiutare precocemente le mamme e la coppia genitoriale è inoltre fondamentale per evitare nei figli dei malesseri che si potrebbero manifestare a distanza di decine d’anni.

Con i miei colleghi ci siamo interrogati su questo aumento di richieste di consulenza e siamo arrivati alla conclusione che nella popolazione è subentrata una maggiore sensibilità e consapevolezza. L’essere mamma e genitori per anni è stato descritto come un processo naturale in cui prevale l’ideologia del “mulino bianco” ove i bambini sono costantemente sorridenti e felici, dormono e mangiano e il cielo è sempre e perennemente limpido col sole.

La realtà è che tante volte piove e c’è la nebbia, il bambino può avere difficoltà nei ritmi sonno veglia, gli ormoni – tra cui principalmente la prolattina – incidono pesantemente sullo stato d’animo della mamma e la coppia è sottoposta a una rilevante ristrutturazione nei suoi valori e presupposti.

Signora A. “Mi sveglio di notte agitata, vado a vedere nella culla se il bambino respira ancora. Ho letto su internet che a volte capita che i bimbi muoiano in culla e che dei pediatri raccomandano di mettere il bimbo sempre a pancia all’aria. Mio figlio riesce a dormire solo a pancia ingiù. Come posso fare?”

Signora B. “Non sopporto mia suocera che viene un’ora al giorno e comincia pontificare dicendo quello che secondo lei va e non va nella gestione del bimbo. Lei crede di darmi un aiuto, ma invece mi provoca solo fastidio. È facile fare la saputella quando il bimbo lo vede per un’oretta. Per me è cambiata la vita. Prima avevo la mia professionalità, i miei ritmi, la mia libertà; ora sono sempre in casa. È diventato un lusso anche poter fare la doccia in tranquillità.”

Signor C. “Dottore, io amo mia moglie ma ora non è più la donna che ho sposato. Non mi desidera più sessualmente; pazienza durante la gravidanza, ma anche adesso dopo sei mesi dalla nascita del bambino. Se mi avvicino mi rifiuta. Quando arrivo a casa alle 19 dopo il lavoro, mi mette il bimbo in braccio e mi dice che ora che sono a casa devo pensarci io. Poi sparisce e alle 20:30 è già a letto. Confesso che una collega di lavoro con cui ho sempre avuto una certa simpatia ora mi attira molto”.

Signora D. “Lei dottore mi ha consigliato di stare con altre mamme, ma io vicino alle altre mi sento costantemente inferiore, una sorta di incapace. Loro parlano dei loro bimbi come degli angeli e del loro amore smisurato. Io non so cosa provo per questo essere che mi ha cambiato la vita. A volte ho pensato che se non ci fosse starei meglio. Mi sono spaventata dei miei stessi pensieri.”

Signor E. “Quando esco di casa per andare a lavorare, sono felice di essere libero. Mi sento in colpa, per questa emozione che provo, verso mia moglie che rimane in casa a gestire il bimbo”.

Una coppia di miei pazienti, attualmente residenti in Usa per un lavoro come ingegneri, ha avuto un bimbo due anni or sono. Mi hanno raccontato che, per la fase del parto e nel primo post partum, in quel paese è stata istituita la figura della Doula. Il termine che deriva dal greco descrive una donna al servizio di un’altra donna e indica figure non sanitarie che offrono un supporto emotivo e di esperienza in un momento particolarmente bello, ma anche difficile della vita.

In Italia credo che tale professione non esista. Ma spesso all’interno delle vecchie famiglie allargate vi era una zia o una nonna capace di trasmettere conoscenze e soprattutto supporto emotivo. Nell’attuale società parcellizzata con nuclei familiari di due persone, la nascita del figlio corrisponde a una sorta di tsunami che modifica tutti gli equilibri preesistenti. Molte coppie si sentono come colui che viene gettato in acqua con la presunzione che, se non vuole affogare, imparerà a nuotare.

Accanto all’intervento professionale individuale dello psicologo, sarebbe utile proporre alle giovani coppie la possibilità di accedere a corsi di condivisione in gruppo delle problematiche via via emergenti in questa nuova e potenzialmente meravigliosa fase di vita.

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