La politica guarda con una certa distrazione al quinto referendum consultivo per la separazione di Venezia e Mestre. La Lega sta alla finestra. Il Movimento Cinque Stelle, invece, invita a votare a favore. Lo stesso Beppe Grillo, dal suo blog, chiede che si recida il cordone ombelicale tra la Venezia di terraferma e quella insulare. Sulla stessa linea Fratelli d’Italia. Ciò che resta di Forza Italia è contro. Il sindaco Luigi Brugnaro, che ha lanciato una vera campagna, utilizzando anche i vigili urbani, punta a depotenziare l’appuntamento dei seggi invitando a non votare, con lo scopo dichiarato di non raggiungere il quorum e mettere definitivamente una pietra sopra le ansie autonomiste. Sulla trincea del “no” è nettamente schierato, invece, il Pd (con l’eccezione dell’ex senatore Felice Casson), convinto che un comune bonsai sia meno forte e competitivo, a maggior ragione se il nome che porta è quello di una città conosciuta in tutto il mondo.

Ad alzare un po’ l’attenzione sul referendum ci hanno pensato le acque alte delle ultime settimane che hanno messo in ginocchio Venezia. L’appuntamento è per domenica 1 dicembre, con le urne aperte dalle 7 alle 23. Sulla scheda un quesito molto semplice: “Vuoi che il Comune di Venezia sia diviso in due Comuni, Venezia e Mestre?”. Siamo al quinto tentativo e non è detto che vada in porto, anche perché deve fare i conti con il quorum del 50 per cento per essere valido. Non si riuscisse a superare questa soglia, probabilmente non si sentirà più parlare di una proposta che è nata ormai 40 anni fa e che finora ha collezionato solo insuccessi.

A sostenere l’idea avevano cominciato i mestrini, ma adesso anche da Venezia sembrano arrivare consensi, perché la città si sta inesorabilmente spopolando. Finora l’affluenza è calata sempre di più rispetto al primo referendum del 1979. Allora andò a votare il 79 per cento dei cittadini. Nel 1989 il 74 per cento. Nel 1994 si arrivò al 67 per cento. Nel 2003 si piombò al di sotto del quorum, con un misero 39,3 per cento di affluenza. Sembrava che il problema non interessasse più, e invece la proposta è riemersa. L’esito è sempre stato negativo. Nel 1979 i contrari furono una maggioranza schiacciante, il 72,39 per cento dei votanti. Nel 1989 la maggioranza si ridusse al 57 per cento di voti contrari. Nel 1994 ancora una leggera contrazione al 55 per cento. L’ultimo dato, nel 2003, vede i contrari risalire al 65 per cento, nonostante l’affluenza fosse davvero modesta. Solo il 14 per cento del corpo elettorale era favorevole alla separazione.

Com’è accaduto anche in passato, il sindaco di Venezia è contrario a trasformare la città in uno spezzatino. Luigi Brugnaro continua a invitare a non andare a votare. Se non si raggiunge il quorum della maggioranza, anche il referendum salta. “Piccolo è bello, ma grande è meglio. La storia ci insegna che Venezia deve restare unita, perché solo così è fortissima”. I Cinquestelle hanno denunciato però un eccesso di interventismo del sindaco che attraverso i vigili ha fatto togliere dai poggioli delle case lenzuola con l’invito a votare. Nel suo blog, Beppe Grillo ha scritto: “Condivido pienamente l’appello del Comitato per l’autonomia di Venezia. La situazione della città diventa anno dopo anno più drammatica. Oltre ai problemi più noti, tra cui il passaggio delle Grandi Navi davanti a San Marco, c’è il male oscuro dello spopolamento in termini di residenti che ha prodotto una vera e propria emergenza democratica”. Per quale ragione? “Mestre e Venezia rappresentano due civiltà radicalmente diverse. Ma la maggioranza vive a Mestre e quindi il destino di Venezia è alla mercé di interessi speculativi esterni”. Una netta posizione a favore della divisione è stata presa anche dalla senatrice veneziana M5s, Orietta Vanin, e dai consiglieri comunali Davide Scano e Sara Visman. Secondo loro Venezia e Mestre sono due città molto diverse e ognuna delle due potrà affrontare i rispettivi problemi in modo più efficace.

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