E così a Roma siamo arrivati all’emergenza ed è iniziata la guerra delle ordinanze. La sindaca ordina di portare i rifiuti di Roma a Civitavecchia e il presidente della regione Lazio risponde, ordinando a Roma capitale di trovare subito siti per lo smaltimento nel territorio comunale. Intanto i rifiuti crescono e la raccolta differenziata è ridotta ai minimi termini.

Ma tutte queste ordinanze che valore hanno? Forse sarebbe bene rileggersi l’art. 191 della legge ambientale, che ammette ordinanze contingibili e urgenti solo se rispettano condizioni e limiti molto stringenti, più volte messi in luce dalla giurisprudenza. Ci vuole, infatti, una situazione di eccezionale e urgente necessità di tutela della salute pubblica e dell’ambiente cui non si possa altrimenti provvedere, e cioè una situazione del tutto imprevedibile dovuta a fatti eccezionali (terremoto, inondazione ecc.). Quando in realtà l’emergenza romana era del tutto prevedibile e prevista.

Ci vuole, soprattutto una preventiva istruttoria tecnica che dimostri approfonditamente sia l’esistenza dell’emergenza sia, soprattutto, che i provvedimenti di urgenza garantiscano, comunque, un “elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente”. Tant’è vero che la legge richiede che queste ordinanze siano adottate “su parere degli organi tecnici o tecnico sanitari locali che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali”.

E in proposito il ministero dell’Ambiente, in una circolare del 2016 che entrambe le ordinanze citano nelle premesse (anche se la sindaca la colloca erroneamente nel 2018), ha chiarito che “conseguentemente, nella motivazione dell’ordinanza deve espressamente essere preso in considerazione il menzionato parere obbligatorio…”; e conclude evidenziando la “radicale illegittimità di quei provvedimenti che fossero adottati in assenza della previa espressione e acquisizione del parere obbligatorio sopra menzionato”. Tant’è vero che la sentenza n. 15410 del 13 aprile 2016 della Cassazione ha confermato la legittimità della disapplicazione di un’ordinanza di urgenza di un sindaco ex art. 191 perché mancavano i pareri degli organi tecnico-sanitari, e cioè Asl e Arpa.

Eppure, di pareri Asl e Arpa Lazio nelle due ordinanze non c’è traccia. Ma, mentre nessun parere tecnico risulta nell’ordinanza del presidente della Regione, in quella della sindaca viene almeno riportato – “per quanto di competenza, relativamente agli aspetti ambientali” – il parere tecnico favorevole del direttore del dipartimento per la tutela e valorizzazione ambientale della città metropolitana di Roma capitale che, pur dando alcuni suggerimenti, nulla dice però circa la gravità della situazione e circa le possibili conseguenze ambientali e sanitarie, connesse con l’ordinanza; tanto più rilevanti se si considera la gravità della situazione ambientale ed epidemiologica di Civitavecchia (sito di destinazione, secondo l’ordinanza, dei rifiuti romani). E, comunque, si tratta del parere di una struttura comunale che non sembra possa equivalere agli organi tecnici preposti localmente alla tutela della salute e dell’ambiente, cioè Asl e Arpa.

Già questo basta per far dubitare della validità di queste ordinanze. Ma a questo si aggiunge che le ordinanze di urgenza dovrebbero consentire solo “il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti” che devono essere espressamente indicate nelle ordinanze; mentre in realtà nessuna delle due ordinanze prevede speciali forme di gestione dei rifiuti e nessuna norma viene indicata per la deroga; anzi, quella del presidente della Regione contiene soprattutto disposizioni organizzative per il comune di Roma e per l’Ama.

Insomma, a mio sommesso avviso non si doveva arrivare a questo punto; e, soprattutto, il gravissimo problema dei rifiuti di Roma non può risolversi a colpi di ordinanze contingibili e urgenti di dubbia validità.

Occorre, quindi, da un lato un deciso intervento della Procura capitolina che accerti le responsabilità di chi, nel passato e nel presente, è venuto meno ai suoi compiti istituzionali e ha consentito lo sconcio cui ormai da mesi i romani stanno assistendo. Dall’altro occorre che Comune e Regione mettano a punto, al più presto, un programma rifiuti non limitato all’emergenza, ma che metta in cantiere, senza preoccupazioni elettorali, una rapida soluzione strutturale autonoma, che non può certamente essere la ricerca di siti di destinazione in altre regioni o all’estero.

E se si vuole giustamente puntare su riduzione alla fonte e riciclo, lo si faccia con provvedimenti concreti e visibili. Non si può pretendere appoggio e fiducia dei cittadini quando tutti i cassonetti sono colmi di immondizia indifferenziata che trabocca spesso su strade e marciapiedi.

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