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Israele espelle il direttore di Human rights watch. Quando chi denuncia diventa nemico dello Stato

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A Omar Shakir, direttore di Human rights watch per Israele e Palestina, restano due settimane di tempo per lasciare Israele. Il 5 novembre la Corte suprema israeliana ha confermato il verdetto di espulsione emesso dal tribunale distrettuale di Gerusalemme il 16 aprile.

Omar Shakir, attivista per i diritti umani di nazionalità statunitense, si era visto revocare il permesso di lavoro il 7 maggio 2018: il ministero dell’Interno israeliano lo aveva accusato di aver violato l’emendamento n. 28 alla Legge sull’ingresso in Israele: approvato il 6 marzo 2017, prevede il divieto di entrare in Israele e nei Territori palestinesi occupati a chiunque sostenga o chieda il boicottaggio di Israele.

In realtà, Shakir non ha mai invitato i consumatori a non acquistare prodotti israeliani (e se lo avesse fatto, si sarebbe comunque trattato di esercizio della libertà d’espressione). Sia lui che Human Rights Watch hanno chiesto, così come del resto ha fatto Amnesty International, che le aziende cessino di operare negli insediamenti illegali israeliani nella Cisgiordania occupata, evitando così di rendersi complici di violazioni dei diritti umani ai danni dei palestinesi.

Alla vigilia della sentenza, l’Unione europea e gli esperti sui diritti umani delle Nazioni Unite avevano chiesto a Israele di non espellere Shakir, mentre lo stesso Segretario generale Antonio Guterres aveva espresso le sue preoccupazioni per la vicenda.

L’ultimo a prendere le difese di Shakir è stato il noto giornalista Gideon Levy, nel modo più chiaro possibile: “Allora, espellete anche me!”. Il provvedimento di espulsione di un esponente straniero di una Ong internazionale è la nuova pagina della narrativa governativa israeliana che considera nemici dello stato coloro che denunciano le violazioni dei diritti umani e che produce attacchi, stigmatizzazione e campagne denigratorie.

Ne ha fatto le spese, un paio di settimane fa, anche il ricercatore di Amnesty International Laith Abu Zeyad, raggiunto da un divieto di viaggiare all’estero per imprecisati “motivi di sicurezza”.

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