La Pecora Elettrica, una libreria bruciata due volte. Una pizzeria la Cento 55, e ora il Baraka Bistrot.

Chi sta bruciando questi piccoli locali nella periferia di Roma?

I fascisti?
Gli spacciatori?

I primi se ne fregano di spazi semi-invisibili.
I secondi hanno bisogni di piccole luci che attraggano falene possibili compratrici di stupefacenti.

E allora chi?

Mi gira nella testa da qualche ora che sia una “piccola strategia della tensione”.

Centocelle non si sta sviluppando come San Lorenzo o il Pigneto. Non produce la movida un po’ studentesca e un po’ sottocapitalista che gira per le strade con la birra in mano e spende la paghetta o il misero stipendio.

Un pezzo di Centocelle gravita attorno al Forte Prenestino, spazio storico dell’occupazione, dell’autogestione e della produzione di pensiero. Centro di produzione di coscienza.

E chi apre un buco di localetto ha girato attorno a quella coscienza. Magari s’è vissuto Genova ai tempi delle botte. Le lotte per la casa. La consapevolezza che i lavori precari ci stavano già negli anni 90 con le prime partite Iva, con i co.co.co, co.co.pro, l.a.p. eccetera.

Qualcuno ha paura che i locali di Centocelle non siano sbronzifici per il popolo.

Ma luoghi di dibattito. Magari attorno a un libro e a un bicchiere di vino, ma luoghi di dibattito tra persone che hanno una voce e un corpo, non un nomignolo per Internet e un commento del cavolo.

Qualcuno ha paura che le persone si incontrino per davvero attorno a un tavolo vero. E gli sta bruciando la sedia.

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