Un interessante libro di Robert B. Cialdini, Giunti editore, dal titolo Le armi della persuasione ci introduce dentro la macchina del mostro. In particolare ci fa vedere e capire come spesso siamo mostruosamente manipolati senza rendercene conto. Il testo è davvero interessante e utile perché individua – isolandole e spiegandone i meccanismi – sei forme di condizionamento occulto e soprattutto “automatico”.

Quindi, parliamo di processi in cui l’autore della manipolazione non ha un ruolo attivo, ma passivo. Egli non “fa” qualcosa contro di noi per ottenere da noi ciò che vuole. Piuttosto, si limita a sfruttare determinati pattern (schemi ripetitivi di reazione) per lo più inconsci, di cui lui è consapevole e noi no. E nei confronti dei quali l’essere umano finisce per essere quasi sempre vittima.

Cialdini ne individua sei: il contrasto, la reciprocità, l’impegno e coerenza, la riprova sociale, la simpatia, l’autorità e la scarsità. Qui ci interessa soffermarci su “impegno e coerenza”. Secondo l’autore, quando prendiamo impegni precisi, specie se messi per iscritto, tendiamo poi a ricalibrare le nostre azioni, l’immagine che abbiamo di noi stessi e persino la gerarchia dei nostri valori in coerenza con l’impegno assunto. Questo sistema è ben noto e sfruttato in ambito commerciale. Ogni qual volta qualcuno riesce a farci “compromettere” con e per una causa qualsiasi (in particolare se una apparente “buona causa”), poi è molto più difficile sottrarci all’esigenza di perorarla o di spenderci per essa, laddove richiesti.

È il motivo per cui molte marche propongono ai clienti concorsi a premi per chi scrive il più bel componimento destinato a mettere in rilievo i pregi di un certo prodotto. Questo “congegno” è stato sfruttato negli ultimi anni anche a livello politico, economico e sociale. Soprattutto in due direzioni: l’esaltazione del modello neoliberista e la promozione del progetto di confederazione europea.

Moltissime cavie – a loro insaputa e a tutti i livelli di ceto e di cultura (dai più alti ai più bassi) – si sono personalmente impegnate, con dichiarazioni in pubblico e in privato, a sostenere l’equazione tra sistema economico neoliberista e libertà, da un lato, e tra Unione europea e democrazia, dall’altro. Su un piano superficiale, queste due “corrispondenze” funzionano alla grande. E una volta “impegnatisi” a favore di esse, è difficilissimo tornare sui propri passi. Perché ciò crea una intollerabile dissonanza cognitiva. Farlo significherebbe negare due tra gli assunti più consolidati e “scontati” del nostro tempo: che, cioè, la società occidentale – ed europea, in particolare – è il migliore dei mondi possibili e un bastione di libertà, progresso, prosperità e democrazia.

Vittime del potere oscuro della “coerenza automatica”, gli uomini-automi continuano così a sostenere le proprie tesi anche contro l’evidenza dei fatti. Tuttavia, ogni tanto qualcuno sfugge alla trappola e si risveglia. Segno di grande intelligenza. E motivo di grande speranza. Ci riferiamo a Carlo Calenda, che è stato uno dei maggiorenti del Pd degli ultimi anni. Ecco le sue parole, come riportate dall’Huffington Post: “Io per trent’anni ho ripetuto tutte le banalità che si sono dette nel liberismo economico. Quando Giavazzi e Alesina scrivevano sul Corriere che non bisognava salvaguardare il posto di lavoro, ma il lavoro, io dicevo ‘oh che gran figata’. Poi, quando ho avuto davanti l’operaio dell’Embraco ho capito che era una gran cacchiata”.

E ancora: “Una delle più grandi cazzate che abbiamo raccontato è che non si salvano i posti di lavoro, ma si salva il lavoro. Per cui pensiamo che un operaio di 50 anni che ha passato la vita a fare impianti può andare a lavorare nell’economia delle app. Queste cazzate le abbiamo sostenute, io le ho sostenute, per trent’anni. E poi vi chiedete perché quelli votano i sovranisti. Ma mi viene voglia a me di votare i sovranisti…”.

Ecco – dato a Calenda ciò che gli è dovuto, e cioè rispetto per la coraggiosa autocritica – pensiamo a quante altre cavolate ci sono state ripetute, e ci ripetiamo (in automatico e per “coerenza”) da decenni: che l’Unione europea ha garantito la pace dopo i macelli dei conflitti mondiali; che l’euro ci tiene a galla nell’arena globale e che l’Italietta sarebbe perduta senza la moneta unica; che i nostri guai sono colpa delle generazioni passate per aver vissuto al di sopra delle loro possibilità; che la corruzione e la casta sono le sole cause di ogni male; che il problema dell’Italia sono gli italiani; che ci vogliono le “riforme strutturali”; che la competitività di sistema rilancerà la crescita; che bisogna tagliare la spesa pubblica; che il freno allo sviluppo è l’enorme debito pubblico.

E via così – di cazzata in cazzata, per dirla forbitamente “alla Calenda” – in una sorta di ipnotica trance roboticamente controllata dalla Matrice. Non siamo solo vittime del Sistema. Siamo vittime degli “impegni morali” che il Sistema ci ha fatto prendere e a cui ci sentiamo legati per sempre.

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