Continua la discesa del tasso di interesse sui titoli di Stato italiani a dieci anni. Segnale di un “rischio Italia” che, agli occhi degli investitori, si va riducendo di pari passo con il tramontare – almeno finora – della prospettiva di elezioni lampo con la Lega a fare probabilmente la parte del leone. Alla chiusura di Piazza Affari, i Btp sono arrivati a rendere sul mercato secondario l’1,13%: oltre 190 punti in meno rispetto a un anno fa, il livello più basso da agosto 2016 dopo che la settimana scorsa il tasso era sceso all’1,3 per cento. Nel pomeriggio, infatti, a dispetto dello stallo delle trattative tra i due partiti in predicato di formare il nuovo governo, si è registrato un ulteriore calo rispetto all’apertura di Borsa. Anche il differenziale di rendimento (spread) rispetto ai Bund tedeschi, che da mesi offrono tassi negativi, si è ristretto fino a chiudere a 183 punti base.

Il Tesoro, alla luce del calo dei rendimenti, lunedì ha annunciato che il 29 agosto metterà in asta buoni del Tesoro poliennali a 5 anni per un valore massimo di 2,25 miliardi e il 30 agosto Btp decennali per 4 miliardi. Infine il 2 settembre è prevista l’emissione di Cctei a 6 anni per un valore di un miliardo.

Sul fronte azionario, Piazza Affari ha chiuso in positivo: l’indice Ftse Mib ha guadagnato l’1,52%, a quota 20.991 punti. Bper Banca chiude in testa al Ftse Mib con un rialzo del 4,5%. Molto bene anche le altre banche grazie al calo dello spread: Banco Bpm (+3,3%) e Ubi Banca (+1,9%). Le altre borse del vecchio continente hanno chiuso in terreno leggermente positivo, tranne Londra che cala dello 0,08%. Pesa la conferma, da parte dell’istituto di statistica tedesco pil tedesco, che nel secondo trimestre il pil della Germania è calato dello 0,1% a causa del calo dell’1,3% nelle esportazioni.

Piazza Affarri in positivo durante la crisi di governo potrebbe sembrare un comportamento contro intuitivo. In realtà la Borsa Italiana dal 1973 ad oggi ha reagito così ai governi dimissionari 9 volte su 10. Lo racconta un’analisi statistica condotta da SoldiExpert SCF, società di consulenza finanziaria indipendente. Lo studio dimostra che dalla caduta o fine dell’esecutivo all’insediamento del nuovo, l’indice Comit tende a salire mediamente del +5,28%. “Gli investitori probabilmente sperano sempre che l’esecutivo futuro sia migliore del precedente – osserva Salvatore Gaziano, strategist di SoldiExpert SCF e autore dello studio – ed è significativo che su 38 Governi che si sono succeduti in 46 anni (mediamente uno ogni 14 mesi) nell’86,5% delle volte Piazza Affari sia salita durante il periodo di transizione dal vecchio al nuovo”.

Il periodo più positivo senza un Governo pieno è stato nel 1994 precedentemente all’ascesa del primo Governo Berlusconi: le attese nei 118 giorni dopo le dimissioni del governo Ciampi erano evidentemente altissime e la Borsa salì del 34,2%. In realtà poi il governo Berlusconi I, in sella dal maggio 1994 al dicembre 1994 (quando cadde in seguito alla decisione dell’allora segretario della Lega Umberto Bossi di revocare l’appoggio all’esecutivo), non fu particolarmente fortunato per Piazza Affari che perse il -21,4%. Al Berlusconi IV (dal maggio 2008 al novembre 2011) va il palmares del Governo in carica con la peggiore performance: Piazza Affari registrò un pesantissimo -40,5% dopo lo scoppio della crisi che dagli Stati Uniti si è propagata in tutto il mondo ma con un effetto più pesante per l’Italia.

“Il fenomeno che in assenza di Governo i mercati azionari non crollano ma addirittura si rafforzano, come spesso paventato invece da alcuni esperti o dal senso comune, non è solo stato osservato in questi anni in Italia – ricorda Salvatore Gaziano di SoldiExpert SCF – ma anche in altri Paesi e questo apparente paradosso lo abbiamo visto realizzarsi per esempio in Belgio (con una crisi di governo durata 541 giorni) e Spagna (oltre un anno) che hanno addirittura avuto il periodo più forte di crescita dell’economia senza governi effettivi in carica ma solo ‘provvisori'”. Per qualcuno, spiega Gaziano, l’assenza di un governo è ritenuta “quasi un toccasana visto che decenni di provvedimenti economici hanno solo provocato fino a oggi un innalzamento del rapporto debito pubblico/Pil ai massimi livelli mondiali e una delle performance dell’economia fra le più deboli di tutti i Paesi occidentali”.

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