Con la consueta lucidità e autorevolezza, Luigi Ferrajoli, sul Manifesto, ha sottolineato i pericoli della situazione attuale e la necessità per le forze democratiche “di dar vita a un governo che ripari i guasti prodotti proprio da chi quelle politiche velenose contro la vita e la dignità delle persone ha praticato e intende riproporre con più forza ove vincesse le elezioni”. Secondo me il riferimento è a Matteo Salvini e alle sue ruote di scorta, si tratti della Giorgia Meloni o frammenti di Forza Italia allo sbando.

A mio parere è evidente il rischio che le scelte e le politiche di costoro puntino a smantellare l’architettura costituzionale edificata a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale e basata sul rifiuto degli orrori del nazifascismo. Infatti, tale architettura, che si manifesta in varie Costituzioni nazionali, tra le quali la nostra, oltre nella Convenzione europea per la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, più di recente nella Carta europea dei diritti fondamentali e per molti aspetti anche nella Carta delle Nazioni Unite, ha come valore centrale la tutela e la promozione della dignità umana senza discriminazioni. Cioè proprio quello che per come la vedo io Salvini & C. vogliono distruggere in nome del cosiddetto sovranismo che poi non è altro che un eufemismo per nazionalismo senza remore, salva la possibilità di piegarsi di fronte al potente di turno, si chiami Donald Trump o in altro modo.

Se non vogliamo tornare indietro di oltre 75 anni nella nostra storia è quindi oggi essenziale battere queste forze che rischiano di diventare antidemocratiche e anticostituzionali. Fondamentale in questo quadro, il ripristino di un sistema elettorale pienamente proporzionale e senza soglie di sbarramento. A questa ragione di fondo, che già di per sé giustifica abbondantemente il governo cosiddetto giallorosso, se ne devono poi sommare altre, di carattere più contingente, come la necessità di non abbandonare i settori socialmente più fragili che hanno conseguito il diritto al reddito di cittadinanza o rischiano di perdere il posto di lavoro in mancanza di energiche ed efficaci politiche pubbliche, come nel caso della Whirlpool, di Alitalia, Alcoa e tanti altri.

Per non parlare della catastrofica crisi dei servizi pubblici, dalla sanità all’istruzione, oggi minacciati anche dal pensionamento di moltissimi addetti e funzionari per effetto della cosiddetta “quota cento”. Politiche efficaci di lotta alla disoccupazione, rilancio dei servizi pubblici e contrasto del degrado ambientale richiedono ovviamente molti mezzi finanziari. Altro che flat tax! In particolare la crisi ambientale, che ha subito una brusca accelerazione con le recenti devastazioni in Amazzonia, complice il governo di Bolsonaro, richiede scelte nette e un impegno inflessibile, altrimenti, come sappiamo, l’umanità non arriverà al ventiduesimo secolo dopo Cristo.

Non è certo casuale che Salvini, uno dei cui riferimenti internazionali è forse Bolsonaro, sia l’espressione del più bieco e miope individualismo proprietario, categoria nefanda nella quale rientrano i pessimi soggetti che esprimono al peggio le peggiori idiosincrasie dell'”italica schiatta” e del suo genio antisociale, individui per di più intellettualmente influenzati da venti e più anni di berlusconismo. Per arginare la deriva determinata dagli impulsi distruttivi di costoro occorre mettere in campo un governo e subito. Ha ragione Conte, il dibattito verta sui contenuti e non sui nomi, esercizio, quest’ultimo, in cui sono insuperabili i nostri pessimi politici di professione, qualunque ne sia l’appartenenza. Tacciano quindi gli opposti imbecilli e si metta in campo un governo capace di rispondere alle sfide accennate.

Un’ultima parola per due vecchi leoni della sinistra che fu. Mi riferisco a Fausto Bertinotti ed Emanuele Macaluso, che lamentano l’incapacità della sinistra di parlare con la gente. In astratto non hanno torto. Va però loro obiettato in primo luogo che in questa crisi della sinistra hanno precise responsabilità, individuali e collettive, in quanto, sia pure in periodi diversi e a diverso titolo, furono parte integrante dei gruppi dirigenti che hanno portato la sinistra al disastro. In secondo luogo, e soprattutto, che nessuna delle due forze principali del governo che si auspica è di sinistra. Non lo è più da tempo, se mai lo è stata, il Pd. Mai lo è stata e mai lo sarà il Movimento Cinque Stelle. La sinistra che verrà sarà ben altra cosa sia da Zingaretti che da Di Maio (per non parlare di Di Battista). Ma il governo di ricostruzione nazionale oggi necessario è necessario anche alla sua nascita e alla sua crescita, che non avrà certamente tempi brevissimi.

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