Gelo sul Campidoglio. E un problema politico di difficile risoluzione. La sentenza della Cassazione che annulla l’ordinanza di arresto nei confronti di Marcello De Vito ha creato subbuglio a Palazzo Senatorio. Il presidente dell’Assemblea capitolina, sospeso dalla prefettura di Roma dopo l’arresto del 20 marzo scorso nell’ambito di un filone d’inchiesta sullo stadio di Tor di Valle, ha ottenuto una sorta di riabilitazione da parte della Corte suprema, che ha smontato i presupposti su cui si fondano capi d’accusa messi in piedi dalla procura di Roma, rinviando i documenti al tribunale del Riesame, con udienza già convocata per il 10 settembre. E se in quella sede i magistrati non saranno in grado di produrre nuova documentazione, il giorno stesso De Vito potrebbe tornare in libertà. A quel punto, il consigliere M5s più votato del 2016 avrebbe pieno diritto, da subito, a riprendersi la poltrona più alta dell’Aula Giulio Cesare, oggi occupata dalla sua ex fedelissima Sara Seccia. “La scena di Marcello che torna in Campidoglio e caccia Sara dal suo ufficio, magari minacciando di avvalersi delle forze dell’ordine, è una specie di incubo“, azzarda un esponente della maggioranza che ha chiesto di restare anonimo.

La vicenda sta creando imbarazzo. Virginia Raggi è in ferie e ufficialmente non è raggiungibile. Ma dai luogotenenti della sindaca è arrivato il diktat di non parlare della vicenda, né di scrivere nulla sulle chat per evitare fughe di notizie. Se ne parlerà vis-a-vis. De Vito non è mai stato formalmente espulso dal M5s, nonostante le dichiarazioni di Luigi Di Maio a poche ore dall’arresto, visto che la sua posizione è ancora al vaglio dei probiviri. Fra l’altro, quello stesso 20 marzo arrivò anche la presa di distanza della sindaca, con la quale da tempo non correva buon sangue. Soprattutto, il gruppo pentastellato in Campidoglio ha scelto di non procedere alla revoca, nonostante le pressioni di una parte dei consiglieri – quelli più vicini alla prima cittadina – Si è deciso di rinunciare al provvedimento sulla base di un parere del segretariato generale che escludeva l’arresto per corruzione fra le motivazioni che giustificano la sfiducia del presidente d’Aula. Il timore diffuso, in realtà, era che De Vito, una volta libero, potesse rivalersi civilmente sui singoli consiglieri.

Ecco che il contrasto potrebbe esplodere lunedì, quando i consiglieri si ritroveranno dopo la pausa estiva. “Se ne parlerà, perché è un tema vero“, rivela Paolo Ferrara a Ilfattoquotidiano.it. L’ex capogruppo, considerato dall’inizio fra i più vicini a Marcello De Vito e decaduto dal suo ruolo dopo l’avviso di garanza a suo carico sempre nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio – la procura ha chiesto l’archiviazione – Il corto circuito, d’altronde, è dietro l’angolo. Il rischio è ritrovarsi un presidente d’Aula pieno di livore nei confronti della sindaca e dei colleghi pentastellati, formalmente ancora interno al M5s, che magari attuerà un certo ostracismo nei confronti della maggioranza. A maggior ragione se dovesse arrivare il provvedimento di espulsione da parte dei probiviri. Fonti vicine ai vertici pentastellati, infatti, ribadiscono che la decisione verrà presa sull’opportunità politica delle azioni di De Vito – che restano “censurabili” – e non sulla loro valenza penale.

Non c’erano i presupposti per rimuoverlo – dice Ferrara – e questo lo ha ribadito il segretariato. Ad alcuni è sembrato giusto non sfiduciarlo, ad altri no“. In una sua lettera dal carcere, datata 24 aprile 2019, De Vito aveva detto di aver “provato provato rabbia e delusione per le parole di abbandono degli ‘amici'” e di considerare “le assenze dal 20 marzo 2019 contrarie e comunque non imputabili alla mia volontà”. “Non so a chi riconduce queste dichiarazioni”, afferma ancora Ferrara, che rivela di avergli scritto “in tempi non sospetti”, chiarendo anche che “se ritiene che qualcuno sia stato scorretto, queste sono valutazioni sue. Certo un po’ di freddezza nei suoi confronti c’è stata, ma credo che neanche lui voglia ricadere nella polemica”. L’ex capogruppo, infine, non ritiene che un suo ritorno nello scranno più alto dell’assise possa rappresentare un problema: “Il presidente dell’Assemblea capitolina non è una persona che ricopre un ruolo politico, ma di garanzia per tutte le forze politiche. Dunque, non ci sono problemi sotto questo aspetto”. Altro discorso, “il suo ritorno in maggioranza: bisognerà valutarlo, anche con i vertici nazionali. Parleremo anche di questo“.

Nella serata di sabato, il capogruppo del M5s, Giuliano Pacetti, ha precisato che “quando si è verificato il caso di Marcello De Vito, il gruppo capitolino ha unanimemente deciso di non assumere posizioni inerenti il fatto giudiziario. Come gruppo ci siamo posti il problema dell’operatività dell’ufficio di presidenza”. Il risultato è che se e “quando saranno revocate le misure cautelari, e il prefetto di Roma revocherà il provvedimento di sospensione della carica, secondo quanto previsto dalle normative, De Vito tornerà a presiedere l’Assemblea capitolina”. Formalmente, poi, “non sono previste riunioni di maggioranza con all’ordine del giorno questo tema”. Infine, “circa i provvedimenti interni, come noto se ne occupano i probiviri, organo nazionale con il quale come capogruppo sono costantemente in contatto“.

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