La crisi italiana non è solo politica: l’economia è a a un passo dal precipizio, la crescita è zero e il debito pubblico ci schiaccia: ma in casi eccezionali bisogna ricorrere a misure eccezionali. L’aspirina non serve per curare un tumore. Per risolvere la crisi finanziaria italiana occorre trovare subito risorse per decine di miliardi e fare una operazione choc per investire, creare occupazione e reddito (senza però aumentare il debito pubblico). Non bastano le mezze misure. Occorre intraprendere una manovra analoga a quella che avviò Abraham Lincoln per finanziare la Guerra di Secessione: Lincoln emise un titolo innovativo e “fuori standard” – allora le monete erano garantite dall’oro – coperto solo dal suo valore fiscale. E con quello pagò le sue truppe e gli armamenti, e superò la crisi economica che accompagna sempre una guerra, soprattutto una guerra civile.

Pochi sanno che la prima “moneta parallela” è stato il… dollaro! Lincoln, per finanziare la guerra contro gli Stati Confederati e contro la schiavitù, non aveva abbastanza oro e le banche americane e britanniche erano esose, gli volevano applicare interessi troppo elevati, e allora fece approvare dal Congresso (con fatica e non senza opposizione) i Greenback, dei titoli/moneta, per la prima volta verdi anche nel retro, progenitori del dollaro attuale. I greenback erano completamente fuori standard, perché erano moneta statale fiat, cioè non coperti dall’oro ma garantiti solo dal governo e dal patriottismo dei cittadini dell’Unione. Molti parlamentari votarono contro la loro emissione, California e Oregon (e le loro banche) non accettarono i Greenback per il pagamento delle tasse perché disponevano di molto oro, ma con i greenback Lincoln ha vinto la guerra di secessione. Sono stati un tassello fondamentale per costruire gli Stati Uniti d’America. Finita la guerra civile i greenback furono poi equiparati ai dollari-oro e riscattati: il governo rinunciò a battere la sua moneta e permise invece alle banche private di creare le loro monete sulla base della riserva frazionaria in oro.

Anche noi oggi in Italia siamo nel mezzo di una tempesta economica, di una guerra economica, e abbiamo bisogno che lo stato intervenga ed emetta qualcosa di simile ai greenback: non una moneta alternativa all’euro ma un titolo di Stato che rimetta in circolazione l’enorme quantità di denaro congelata nel sistema bancario.

Lo Stato dovrebbe emettere Titoli di Sconto Fiscale che sarebbero un toccasana per l’economia italiana, per i paesi periferici dell’eurozona e per lo stesso euro. Andrebbero assegnati a famiglie, imprese ed enti pubblici. Permetterebbero di finanziare i consumi, gli investimenti e la spesa pubblica. Finanzierebbero la ripresa e consentirebbero di uscire finalmente dall’austerità che sta impoverendo il Paese, abbruttendo la società civile e rovinando la democrazia.

Per usare le parole utilizzate da Mario Draghi per respingere i famigerati minibot, i Titoli di Sconto Fiscale non sono né moneta né titoli di debito. I TSF sono dei titoli che danno diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti dovuti allo stato dopo tre anni dall’emissione. I TSF verranno distribuiti gratuitamente a famiglie, enti pubblici e imprese. Ma non saranno MAI rimborsabili in euro da parte dello Stato e quindi non costituiscono debito pubblico. Come tutti i titoli di Stato, come i Bot e i BTP, sono negoziabili sul mercato finanziario e quindi subito convertibili in euro. Aumenterebbero immediatamente la domanda aggregata. I TSF fanno crescere il PIL (che è l’unica vera maniera di ridurre il debito pubblico) e alla scadenza si auto ripagano. Non solo rispettano le regole dell’euro, ma lo rafforzano. L’emissione di questi “buoni fiscali” potrebbe finalmente ridare ossigeno all’economia e fare uscire i Paesi dell’eurozona dalla trappola della liquidità che li soffoca.

La proposta è che il governo italiano emetta TSF per qualche decina di miliardi di euro in tre anni,

I TSF potranno essere ceduti immediatamente sul mercato finanziario in cambio di euro. Vende TSF chi ha bisogno di euro; compra TSF chi vuole sconti fiscali. Il loro valore di mercato sarà analogo a quello di un titolo di stato zero-coupon a tre anni. In pratica 100 euro di TSF saranno pari a (quasi) 100 euro di moneta sonante e subito spendibile. Dopo la loro conversione in euro, nell’economia reale circoleranno solo (più) euro e non strane monete parallele che nessuno accetterebbe volentieri.

La manovra è in linea con i trattati europei poiché in campo fiscale ogni stato è sovrano, almeno fin tanto che non aumenta il suo debito pubblico. Ma i TSF non generano deficit, anzi. Infatti, grazie all’effetto combinato del moltiplicatore dei redditi e dell’inflazione, dopo tre anni dall’emissione dei TSF la forte crescita del PIL nominale darà luogo a un gettito fiscale tale da compensare pienamente il costo iniziale dei TSF e da produrre anche surplus.

Circolano tante proposte di moneta fiscale e molte sono sballate (come i fallimentari minibot). La versione che propongo insieme ad altri studiosi ha il vantaggio fondamentale che i TSF sarebbero certamente accettati dalla BCE e dalle banche perché verranno classificati dalle agenzie di rating come investment grade. Infatti i TSF potrebbero essere utilizzati come riduzione delle tasse anche se lo stato italiano fallisse sul suo debito in euro. I TSF sono quindi più sicuri dei BTP.

Un titolo emesso senza chiedere soldi ai primary dealers – alle grandi banche d’affari che comprano all’ingrosso il nostro debito pubblico -, un titolo investment grade, buon collaterale per la Bce, un titolo che aumenta il potere d’acquisto in euro, può diventare la scintilla che fa ripartire l’economia. Un po’ come il dollaro di Lincoln.

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