“Signori, è l’inizio di una nuova epoca”. Quali parole migliori di quelle pronunciate da Rocco Sabelli (nell’incontro con i presidenti federali) per descrivere ciò che sta succedendo nello sport italiano? L’era del Coni è finita, d’ora in poi al fianco del Comitato olimpico di Giovanni Malagò ci sarà sempre anche Sport e Salute. Un ente istituzionale, autogovernato dallo sport, una società per azioni partecipata da Palazzo Chigi (anzi, tecnicamente dal Mef). A ciascuno le sue competenze.

E proprio questo è il punto della guerra che si è riaccesa ultimamente: la legge che ha svuotato il Coni era dello scorso autunno, adesso però bisogna decidere precisamente chi farà cosa, con quali (e quanti) soldi. Settimane di trattative, riunioni interminabili, adesso ci siamo. Più o meno: il contratto di servizio vero e proprio tra Coni e Sport e Salute arriverà solo a settembre. Intanto però Malagò e Sabelli si apprestano a firmare un documento “quadro”, delle “linee-guida” che definiscono i perimetri delle rispettive attività.

Una premessa: Sport e Salute sarà una società di servizi, esattamente come lo era Coni Servizi, a cui in passato il Coni delegava praticamente tutto, persino il pagamento di tutti i suoi dipendenti. Adesso – come ha sottolineato il segretario generale Carlo Mornati – si tratta di riportare all’interno del Comitato una serie di pezzi, formalmente aggiungendo attività, non togliendole. Con la differenza fondamentale, però, che mentre prima Coni e Coni Servizi erano due facce della stessa medaglia (la persona che comprava e vendeva era di fatto la stessa), ora si tratta di due interlocutori diversi che rispondono a istituzioni diverse. E che quindi il Coni perderà qualcosa, visto che la maggior parte dei soldi (368 su 410, compresi i fondamentali contributi alle Federazioni) ce li avrà Sport e Salute, cioè il governo. È questa la sostanza della riforma.

Cosa potrà continuare a fare il Coni, dunque? L’accordo che verrà sottoscritto in questi giorni (comunque entro le vacanze estive) dà le prime risposte. Il documento si presenta come un conto economico, con all’interno tutte le voci del vecchio bilancio, che il Coni continuerà a mantenere attive. La grande differenza sarà però la cifra che verrà indicata per ciascuna di esse, che il Comitato verserà a Sport e Salute per acquistare servizi (e risorse umane) su determinati settori. Considerato che avrà a disposizione appena 40 milioni di euro (e che del resto alcuni il governo vuole mantenerli per sé), bisognerà fare una scelta.

Ecco dunque la prima ripartizione, ancora sommaria. Il Coni manterrà innanzitutto sotto il suo controllo i Centri di preparazione olimpica (come ad esempio quello fondamentale dell’Acqua Acetosa: cioè l’alto livello, in cui secondo alcune correnti di pensiero governative dovrebbe riassumersi la sua missione). Inoltre avrà anche la giustizia sportiva, il registro Coni (in cui si devono iscrivere tutte le società), l’istituto di scienze dello sport e ovviamente il personale riconducibile a queste attività.

A Sport e Salute va tutto il resto, ciò che permetterà al governo di incidere sullo sport a scuola e sulla promozione sociale. Innanzitutto gli organi territoriali, su cui si era discusso molto nelle ultime settimane: il Coni mantiene il ruolo di rappresentanza dei presidenti regionali (viceversa ci sarebbe stata una chiara violazione dell’autonomia), con magari in supporto una unità per comitato; tutti gli altri dipendenti saranno a disposizione di Sport e Salute. La scuola, cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, passa interamente nelle mani dell’esecutivo. Lo stesso vale per l’Istituto di Medicina dello Sport, su cui sempre i 5 stelle (che hanno espresso il consigliere in quota ministero della Salute) potrebbero avere piani di riforma. Il grosso, l’impiantistica (cioè il programma Sport e periferie) e i contributi alle Federazioni, non è mai stato oggetto di trattative: il Coni l’aveva già perso nell’ultima manovra.

Ora l’accordo generale e in autunno il contratto di servizio vero e proprio, che comunque non assorbirà tutti i 40 milioni di euro della dote del Coni: Malagò avrà un tesoretto per finanziare le sue attività e mantenere una certa autonomia, per quanto molto più ristretta rispetto all’egemonia dell’ultimo decennio. Questo, insieme alla rassicurazioni del sottosegretario Giancarlo Giorgetti sulla disponibilità a un rabbocco di risorse per particolari progetti o missioni (specialmente in anni ad alta densità di eventi internazionali, così da evitare il rischio di rimanere a secco), ha sbloccato l’impasse.

Per il momento: tanto Sport e Salute quanto il Coni sono ancora convinti di poter spuntare condizioni migliori e prendere il sopravvento sull’altro nei prossimi mesi. C’è la legge delega sullo sport che sarà approvata a breve in Parlamento e poi dovrà essere applicata. C’è il Cio che monitora il rispetto della carta olimpica e potrebbe sempre intervenire. La partita, insomma, è appena cominciata. Intanto almeno lo sport riparte: il rischio di bloccare tutto senza contratto era un prezzo troppo alto da pagare, per entrambe le parti.

Twitter: @lVendemiale

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