Due attacchi contro le forze governative nella città portuale di Aden, nel sud dello Yemen, che hanno causato almeno 51 vittime e il ferimento decine di persone. Numeri sui quali però le fonti non concordano. Si è tratto duplice attacco terroristico ad opera degli insorti yemeniti Houthi: il più grave dei due, rivendicato dai ribelli sciiti sulla loro tv, è stato quello missilistico avvenuto durante una parata militare nella base di al-Jalàa, nella parte occidentale della città. Lì sono morti almeno 35 militari e 19 sono rimasti feriti.

Tra i morti nella base militare c’è il generale Munir al-Yafi, comandante della “cintura di sicurezza”. Si tratta di una forza “addestrata e sostenuta dagli Emirati Arabi Uniti“, un alleato chiave dell’Arabia Saudita nella coalizione militare che sostiene le forze governative contro gli Houthi. Poco prima invece, come ha riferito un funzionario di polizia, Abdel Dayem Ahmed, 11 persone sono morte in attacchi kamikaze contro una stazione di polizia messi a segno con un’autobomba, un autobus e tre motociclette. Quest’ultimo attacco è stato poi rivendicato dall’Isis.

L’Unione europea è intervenuta, tramite la portavoce per la politica estera, Maja Kocijancic, invitando tutte le parti coinvolte nel conflitto nello Yemen a “esercitare la massima moderazione ed evitare atti che potrebbero contribuire a un’escalation generale e infliggere ulteriori sofferenze alla popolazione”. L’Ue, che continuerà a “fornire sostegno” all’inviato speciale delle Nazioni Unite e alla sua squadra, porge le condoglianze alle famiglie delle vittime e auspica che tutte le parti “si impegnino con l’inviato speciale delle Nazioni Unite in uno spirito costruttivo, per raggiungere un accordo politico globale che rimanga l’unica opzione per porre fine alla guerra e per mettere lo Yemen sulla strada della pace sostenibile”.

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