C’è più di un politico tra i 17 arresti eseguiti questa notte a Reggio Calabria, dove la Direzione distrettuale antimafia ha colpito la cosca Libri. Fino alla conferenza stampa che si terrà in mattinata per illustrare i dettagli dell’operazione “Libro Nero”, la Procura tiene la massima riservatezza. Sappiamo già però che tra i politici arrestati ci sono il capogruppo in Consiglio regionale di Fratelli d’Italia Alessandro Nicolò, finito in carcere (a sinistra nella foto), e il capogruppo del Partito democratico Sebi Romeo, ai domiciliari (a destra nella foto). Tra gli indagati con gravi indizi di colpevolezza, ma a piede libero, c’è l’ex assessore regionale Demetrio Naccari Carlizzi, accusato di concorso esterno con la ‘ndrangheta, anche lui del Partito democratico e cognato dell’attuale sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà

“Le notizie relative all’operazione anti ‘ndrangheta contro il clan Libri impongono un serio intervento del Pd nazionale in Calabria. Mi autosospendo dal partito fino a quando non si farà chiarezza” fa sapere il senatore del Pd Ernesto Magorno, già segretario regionale – Un plauso alla magistratura e agli uomini che, in queste ore hanno sferrato un deciso colpo alla ‘Ndrangheta colpendo la cosca Libri. Uniti per una Calabria migliore e quindi libera da certe logiche”. Il segretario dem Nicola Zingaretti: “Esprimiamo pieno sostegno al lavoro della magistratura in Calabria e fiducia che le indagini che coinvolgono affiliati alla cosca della ‘ndrangheta Libri, e alcuni esponenti politici, condurranno nel pieno rispetto dei diritti degli indagati ad accertare la verità. Tra gli indagati vi sono anche esponenti del Pd, per i quali la commissione di garanzia ha già provveduto immediatamente alla sospensione dal partito in attesa dell’esito delle indagini”. Zingaretti sottolinea anche come “sia necessario “un radicale processo di rinnovamento della classe politica calabrese”.

Dodici in tutto ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto. Altri cinque indagati sono finiti ai domiciliari. La maggior parte degli arrestati, stando alle indagini della squadra mobile di Reggio, sono affiliati alla potente cosca Libri e accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione, turbata libertà degli incanti, porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo, con l’aggravate dell’agevolazione mafiosa, e tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.

“Nicolò è il referente politico della cosca”
Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Alessandro Nicolò è accusato di far parte della cosca, “in qualità – scrivono i pm – di referente politico”. In sostanza, Nicolò (ex Forza Italia approdato alla corte di Giorgia Meloni dopo le politiche del 2018) avrebbe stretto “uno stabile e permanente accordo” con gli esponenti della cosca “assicurando agli stessi, che gli procuravano ingenti pacchetti di voti in occasione delle consultazioni elettorali (comunali, provinciali, regionali), benefici di vario genere”. In pratica: “Posti di lavoro, incarichi fiduciari presso gli enti locali, risoluzione di problematiche presso le pubbliche amministrazioni e aggiudicazione di appalti”.

L’ex assessore Naccari “chiedeva voti in cambio di appalti”
L’ex assessore regionale Naccari, invece, durante le elezioni per il rinnovo dei consigli comunali e regionali “chiedeva e riceveva, per sé e per i candidati da lui indicati, i voti raccolti dai rappresentanti delle cosche di ‘ndrangheta nelle aree territoriali di rispettiva pertinenza”. “Quale controprestazione – scrivono i magistrati – il Naccari Carlizzi assicurava la sua disponibilità ai rappresentanti di quelle articolazioni di ‘ndrangheta l’aggiudicazione di appalti, la risoluzione di problematiche di vario genere presso la pubblica amministrazione, l’assunzione in enti pubblici o privati di affiliati o comunque soggetti vicini al sodalizio”.

“Libro nero”: l’inchiesta sulla cosca
La polizia ha eseguiti numerosi arresti e perquisizioni nei confronti di esponenti della ‘ndrangheta reggina. L’inchiesta “Libro nero”, condotta dalla Squadra Mobile del capoluogo reggino con il supporto dello Sco, ha consentito ai pm di ricostruire gli assetti e le dinamiche operative della cosca Libri, una delle più potenti articolazioni della ‘ndrangheta unitaria, che controlla nella città di Reggio Calabria i quartieri Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio e le frazioni di Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana.

Durante il blitz sono stati applicati i sigilli a beni per diversi milioni di euro. Tra i sequestri compaiono numerose società riconducibili agli appartenenti alla cosca, operanti nel settore edilizio, immobiliare e della ristorazione. La Dda è riuscita a svelare gli interessi economici e politici della cosca Libri che, secondo gli inquirenti, aveva a disposizione imprenditori e politici locali e regionali asserviti totalmente alle volontà della consorteria criminale in qualità di soggetti interni o concorrenti esterni.

I favori agli imprenditori e le gestione del bacino di voti
In particolare è emerso che la cosca ha favorito, nel corso del tempo, alcuni imprenditori che potevano sembrare avulsi da qualsiasi contesto mafioso. In realtà avrebbero partecipato pienamente al contesto criminale cittadino. In cambio avrebbero goduto degli occulti finanziamenti e delle protezioni derivanti dalla cosca.

I Libri, infatti, sono stati capaci di infiltrarsi nelle dinamiche politico-elettorali di Reggio Calabria, gestendo un consistente bacino di voti, convogliandoli a favore di soggetti compiacenti, senza esclusione di schieramenti politici. Le idee politiche, di destra o di sinistra, infatti, avrebbero lasciato lo spazio a un rapporto basato sul do ut des e destinato a favorire non solo la singola consorteria, ma il sistema ‘ndranghetistico nel suo complesso. L’inchiesta ha fotografato, in particolare, l’ascesa politica fino al Consiglio Regionale di un soggetto supportato, fin dagli inizi, dalla cosca Libri che ha condizionato le regionali del novembre 2014 quando i voti, in cambio di favori, sono stati dirottati verso un politico poi eletto.

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