L’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro ha fatto la fine di quella di Reggio Calabria: sciolta per infiltrazioni mafiose su richiesta del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, come deliberato oggi dal Consiglio dei ministri in seguito ad “accertati condizionamenti – è scritto nel comunicato – da parte delle organizzazioni criminali”. Oltre allo scioglimento per mafia, il governo ha disposto “il contestuale affidamento dell’amministrazione dell’ente a una commissione di gestione straordinaria”.

Ancora non si conoscono i dettagli della relazione della commissione di accesso che ha portato al provvedimento del Consiglio dei ministri. Di certo, però, nei mesi scorsi l’azienda sanitaria di Catanzaro è finita al centro dell’inchiesta “Quinta Bolgia” coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che, ad aprile, ha notificato l’avviso di conclusione indagini a numerosi indagati tra cui l’ex parlamentare di Forza Italia Pino Galati accusato di concorso esterno con la ‘ndrangheta. Nell’inchiesta sono indagati pure l’ex direttore generale dell’Asp Giuseppe Perri, l’ex direttore amministrativo Giuseppe Pugliese e il responsabile del Suem 118 Eliseo Ciccone.

L’inchiesta del procuratore Nicola Gratteri e dei pm Elio Romano e Vito Valerio ha svelato l’intreccio tra sanità pubblica e clan. In particolare la cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte aveva conquistato il monopolio di alcuni servizi come quello delle ambulanze e dei carri funebri. Ma anche della fornitura di materiale sanitario e del trasporto sangue.

Condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro e dallo Scico di Roma, l’indagine ha dimostrato come l’ospedale di Lamezia Terme fosse di fatto occupato militarmente dalla ‘ndrangheta attraverso i gruppi Putrino e Rocca che facevano incetta di appalti e agivano, secondo gli inquirenti, sotto l’egida di Vincenzo Torcasio, boss dei Giampà, che in un’intercettazione conferma tutti i sospetti della procura: “Compà – dice inconsapevole di essere intercettato – Pugliese, il direttore amministrativo di Catanzaro, lo abbiamo messo noi”. Con lui c’era il consigliere comunale di Lamezia Terme Luigi Muraca e l’imprenditore Pietro Putrino che ribatte: “Ce l’ha messo Galati”.

I rapporti tra la ‘ndrangheta e l’Asp di Catanzaro hanno danneggiato il personale dell’ospedale di Lamezia Terme. Secondo la Procura c’era addirittura un “regime di sottomissione” ai due gruppi imprenditoriali di riferimento del clan. Erano le ditte ritenute mafiose, infatti, che custodivano le chiavi dei reparti e non i medici e i paramedici costretti, invece, a somministrare ossigeno scaduto ai malati soccorsi da personale non autorizzato e senza alcuna preparazione medica.

Le ambulanze, inoltre, erano fatiscenti e non avevano nemmeno i requisiti tecnici per circolare. Alcuni mezzi, infatti, erano senza freni e con i motori danneggiati. Grazie ad accordi corruttivi con alcuni dirigenti dell’Asp catanzarese, stando alle risultanze della Dda, gli indagati avevano ottenuto le certificazioni di qualità richieste per l’affidamento del servizio autoambulanze sulla base di una semplice verifica documentale, senza le necessarie operazioni di riscontro fisico dello stato dei mezzi, delle dotazioni e delle strutture aziendali.

Lo scioglimento dell’Asp di Catanzaro è stato commentato dal ministro della Salute Roberto Speranza: “La situazione della sanità in Calabria – dice – è molto seria. Il rispetto rigoroso del principio di legalità sarà essenziale per aprire una stagione in cui il diritto alla salute venga effettivamente garantito”.

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