Sono una persona sensibile, avete presente una persona sensibile? Mi basta vedere un piccione morto sull’asfalto per cadere in depressione, anche per giorni. L’altro giorno una bianca farfalla mi ha accarezzato il volto e poi è morta.

Anni fa feci il ritratto a Nietta, una volontaria che fa compagnia ai bambini malati di tumore, nel ritratto mi spiega una cosa paradossale, molte sue amiche la considerano insensibile, insensibile perché riesce a sopportare il dolore di un bambino o una bambina. Siamo all’assurdo, ma la vita è assurda e dobbiamo farcene una ragione, anche se sembra assurdo “farsi una ragione” di questa assurdità. Per sopportare e supportare il dolore degli altri ci vuole coraggio e anche una profonda empatia. La vita è essenzialmente dolore, annacquato dall’abitudine. C’è chi trova conforto in Dio, in una vagheggiata felicità paradisiaca dove ogni dolore verrà purificato dalla gloria celeste e vivremo una vita liberata dalla morte, avvolti da un’eternità affettuosa e pulsante d’amore. Io non ci credo, non ci ho mai creduto.

Mi sono affezionato all’assurdo, mi sembrerebbe di tradirlo. L’assurdo mi diverte, non mi fa paura. Immagino Sisifo felice, appunto. Per questo sento di essere una persona felice, ma non una felicità beota o enfatica, piuttosto ho una felicità da passeggio, piccola, da mettere nel taschino, da portare a spasso come un fiore. Avverto il dolore del mondo, anche il dolore sordo della pietra, ma lo frego con i piccoli rituali quotidiani: danzo sotto la doccia – cantare non posso perché sono stonato -, non mi faccio mai mancare un bombolone a colazione, sfoglio pagine di libri, ascolto la musica e mi faccio ascoltare dalla musica stessa, scrivo amenità, e soprattutto mi concedo sempre un aperitivo serale dove annego senza pietà innocenti olive. Questa è la mia felicità da nulla, poca cosa, ma è tutto per me, tutto quello che posso e che desidero.

C’è sempre una flebo sospesa su di noi, un letto d’ospedale che ci attende, un sepolcro più o meno imbiancato, un dolore pronto a coglierci all’improvviso, ma questo non mi fa desiderare Dio, al limite desidero un altro Negroni o un Martini in più. Direte che sono superficiale, ebbene sì, sono superficiale per necessità, altrimenti al primo piccione schiacciato mi sparerei un colpo di rivoltella alla testa.

L’idea di vivere in eterno mi annoia, proprio perché amo gli stuzzichini e gli aperitivi, potrei sostare nell’eternità un momento, solo un momento, ma in definitiva è quello che faccio vivendo: sosto giusto il tempo di qualche aperitivo, e poi? E poi il nulla, che tra l’altro è di una eleganza sublime. La morte ci rende tutti eleganti: ingessati. Un gessato scuro, senza pieghe. Perfetto. Attillato fino all’ultima goccia di sangue. Ma i bambini con il tumore no, nemmeno gli aperitivi li cancellano, nemmeno l’idea di Dio può redimere questo scandalo, ed è per questo che un giorno ho girato il ritratto di Nietta, questa donna splendida, semplice, coraggiosa, indimenticabile.

https://www.youtube.com/watch?v=WNC01SFNSew

Articolo Precedente

“Sono sordo e insegno teatro ai bambini. Quando ho capito che non dovevo vergognarmi sono rinato”

next
Articolo Successivo

Cannabis, una pianta maestra di meditazione e spiritualità

next