I banchi vuoti dei senatori M5s durante l’informativa di Giuseppe Conte sul caso Lega-Russia fanno arrabbiare il premier. E il suo intervento – mentre attorno ci sono solo i ministri Fraccaro, Bongiorno e Bonisoli – riapre la querelle politica tra le due anime del governo con Matteo Salvini che vede in alcuni passaggi del suo discorso una mossa politica che mira a maggioranze alternative. Da un lato c’è la motivazione che ha spinto i pentastellati a lasciare gli scranni mentre il presidente del Consiglio parlava nell’aula di Palazzo Madama: “Oggi non doveva essere lui a parlare qui”. Tradotto: il compito spettava a Salvini, perché Gianluca Savoini è stato il suo braccio destro e, come ha riferito lo stesso Conte, viaggiava a Mosca sempre nella delegazione del ministero dell’Interno. Solo che la scelta, un “atto politico” come lo chiama Luigi Di Maio, non viene accolta da tutti i senatori (alcuni sono rimasti al loro posto) e oltretutto finisce quasi per diventare un boomerang tra le foto postate sui social dai senatori del Pd e l’attacco di Matteo Renzi (“Uno schiaffo a Conte, lo chiama).

Tanto che il presidente del Consiglio, come racconta l’Adnkronos, lo fa presente al capogruppo Stefano Patuanelli, che poco prima era intervenuto parlando di “imbarazzo” dei pentastellati per l’assenza di Salvini e sottolineando come non fosse una scelta contro il premier. Così mentre il presidente esce dall’emiciclo in compagnia proprio di Patuanelli gli manifesta il suo dissenso sulla scelta. Dopo il tentativo di sminuire: “Lite con Patuanelli? Mi sono arrabbiato perché uscendo mi ha fatto lo sgambetto…”, ha tagliato corto con un sorriso. Poi, incalzato, ha commentato: “Io rispondo della mia presenza, non dell’assenza altrui”. Anche Patuanelli minimizza, ma puntualizza: “Ad ogni modo le scelte politiche che per mio tramite il Movimento prende in quest’Aula debbono essere concordate con il nostro capo politico, Luigi Di Maio… E lo dico con tutto il rispetto e la stima che ho, ci mancherebbe, per il presidente”. 

Così, mentre qualche senatore – come Michele Giarrusso – spiega l’assenza infilando lì la questione del sì al Tav, altri sono rimasti al loro posto. Certificando che la decisione non è stata programmata né condivisa da tutti. A spiegarlo è il senatore Mattia Crucioli: “Pochi istanti prima dell’intervento del Presidente del Consiglio in Senato, con un messaggio non firmato (ma che è stato riferito direttamente a Di Maio) ci è stato chiesto di abbandonare l’aula – è la sua versione – Dissociandomi dall’iniziativa, che non mi appartiene nel metodo e nel contenuto, sono restato al mio posto insieme a molti miei colleghi”.

Il vicepremier del M5s prova a tenere la barra dritta: “Credo fosse un atto politico, perché lì ci doveva andare qualcun altro ed è per questo che i nostri senatori hanno voluto segnalare quest’assurdità in Senato”. E tra la questione Lega-Russia e l’Alta Velocità c’è chi torna a parlare di una crisi di governo possibile: “Se vogliamo dargliela vinta, va bene, apriamo la crisi. Se non vogliamo tagliare 345 parlamentari a settembre e darla vinta ai partiti, va bene, apriamo la crisi. Aprendo la crisi ci troveremmo un governo tecnico o politico che non solo fa le opere utili, ma fa anche le centrali nucleari o gli inceneritori, che con noi non si faranno mai”. 

Anche Salvini allontana la crisi, solo che il suo presupposto sono le parole di Conte durante l’informativa. Nel ricordare la centralità del Parlamento, il presidente del Consiglio spiega che “dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata del mio incarico, a questo consesso tornerò”. Tanto basta a scontentare il vicepremier leghista che va all’attacco: “Non ho capito perché ha detto ‘Se dovessero togliermi la fiducia, tornerò qui a chiedere la fiducia…’. Che bisogno c’è di lasciar andare a pensare che ci possono essere altre maggioranze, raccolte un po’ qui, un po’ là in Parlamento come i funghetti in Trentino, magari recuperano uno Scilipoti qua o là”.

E poi affonda ancora: “Se c’è un governo, è questo e va avanti, con i sì. Se c’è qualcuno che pensa di andare avanti con i giochetti di palazzo e di potere, ha sbagliato persona, ministro e partito, e Paese. Gli italiani ne hanno visti troppi di giochetti di palazzo, di governi non eletti, come quello Monti e Renzi…”. Quanto basta per costringere fonti di Palazzo Chigi a sottolineare: “Oggi in Senato il Presidente del Consiglio ha fatto dichiarazioni chiarissime, che non possono prestarsi a fraintendimenti per un minimo che si abbia sensibilità istituzionale. Ha reso omaggio alla centralità del Parlamento sottolineando che come si è presentato al Parlamento per ricevere la fiducia per l’incarico di Presidente del Consiglio così si presenterà al Parlamento se maturassero le condizioni per una cessazione anticipata dal medesimo incarico. Sono le regole elementari di trasparenza che caratterizzano una democrazia parlamentare, che non possono prestarsi a letture strumentali e malevole”.

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