La foto, pubblicata sul profilo Facebook dell’Associazione Lombardia-Russia, è del 4 maggio 2017. Gianluca Savoini siede al centro del tavolo al quale si incontrano i due sovranismi che hanno l’Unione europea nel mirino: quello che ruota attorno al Cremlino e quello che fa capo a Washington. Intorno all’uomo che il 18 ottobre 2017 al Metropol di Mosca trattava presunti finanziamenti russi alla Lega già ruotano alcuni pezzi di quel sistema di potere che sarebbe nato solo l’anno successivo, dopo le politiche del 4 marzo 2018. Con l’ascesa di Matteo Salvini alla carica di vicepremier.

Quel giorno all’Hotel Cavalieri, in piazza Missori a Milano, è in programma la conferenza dal titolo Tra sovranità e globalizzazione. Nuovi scenari geopolitici negli Stati Uniti e in Europa. Sul panno marroncino del tavolo dei relatori, l’uomo che nelle parole del segretario leghista “organizza incontri e promuove contatti culturali tra Lega e autorità russe” ha alla sua sinistra Thomas Williams, ex Legionario di Cristo, corrispondente in Vaticano di Breitbart News, bibbia della far right made in Usa fondata da Steve Bannon e firma di punta in Italia di quell’ultradestra cattolica che guidata dal cardinale Raymond Leo Burke punta a ipotecare la successione a Papa Francesco.

Alla sinistra di Williams siede un giornalista dalle dichiarate simpatie filorusse che nel 2017 non era molto noto al di fuori della cerchia dei lettori de Il Giornale, ma che con la nascita del governo M5s-Lega sarebbe arrivato a capo della principale industria culturale italiana: Marcello Foa, diventato nel settembre 2018 presidente della Rai. Sul lato opposto del tavolo, alla destra di Savoini c’è Giuseppe Valditara: ex senatore di An, docente di diritto romano all’università di Torino, grande avversario del “globalismo” e autore del libro Sovranismo, una speranza per la democrazia: poco più di un anno dopo sarebbe stato nominato dal governo capo dipartimento per la Formazione superiore e la Ricerca del ministero dell’Istruzione.

All’estremità sinistra del tavolo, poi, figura un signore americano che nella foto presta l’orecchio alla sua interprete: è Ted Malloch, docente universitario coinvolto nel Russiagate d’oltreoceano, designato nel febbraio 2017 da Donald Trump come ambasciatore Usa all’Ue e accolto a Bruxelles con le barricate: “Persona non gradita“, l’avevano definito i leader di Ppe e S&D Manfred Weber e Gianni Pittella dopo che in un’intervista alla Bbc il diplomatico aveva previsto il crollo dell’euro in tempi brevi.

A Bruxelles Malloch non sarebbe mai arrivato, ma al Viminale sì: “Non sono un consigliere ufficiale, non vengo pagato. Sono un amico e un consigliere informale” di Salvini, spiegava mai smentito a gennaio a La Stampa Malloch. Che è amico anche di Federico Arata, figlio di Paolo, sotto inchiesta a Palermo insieme ad Armando Siri, sottosegretario leghista indagato per corruzione: in un articolo sulla testata sovranista The Gateway Pundit, Malloch parla del giovanotto come suo “collega” e “forte sostenitore” del governo in cui il leader leghista è vicepremier. Tanto da essere assunto a Palazzo Chigi dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti.

Defilato, un passo indietro rispetto ai colleghi relatori siede a braccia conserte una vecchia conoscenza della politica italiana: Giulio Tremonti, ministro dell’Economia in tre governi Berlusconi, da sempre nell’orbita della Lega Nord ai tempi di Bossi e Maroni. Da qualche tempo il suo nome viene fatto in ambienti leghisti quando si parla del posto che nella Commissione europea spetta all’Italia.

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