Posto in tribuna come amica di Marco (Balich, il regista dell’opening), posto in curva come giornalista. Per grazia ricevuta siedo invece in tribuna d’onore, quella riservata alle autorità, dello stadio San Paolo, rimesso a nuovo.  La mia benefattrice è Martha De Laurentiis, moglie del gigantesco Dino e produttrice di Hollywood, che a Napoli si muove come fosse di casa. Sopravvalutandomi mi arrivano richieste per un last minute biglietto per la cerimonia  d’apertura. Scoraggio tutti, se non volete rimanere in ostaggio del traffico rimanetevene a casa e vi gustate il bello della diretta in tivù. Sfiliamo sul blu carpet, incorniciato da piante di gardenie, sfinite dal gran caldo. Il picchetto dei corazzieri con pennacchio, in alta uniforme, ci avverte dell’arrivo del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo show comincia e sul palco si materializza la sirena partenopea che la leggenda vuole sia la fondatrice della antica Neapolis. La sua coda lunga 60 metri svolazza mimando le onde del mare. Attirati dal suono della sirena entrano in campo gli atleti (ottomila all’incirca) provenienti da 118 paesi. Esclusione last minute della Afghanistan i cui atleti sono arrivati a Napoli in ritardo.

Comunque alla 117esima delegazione che sfila Beatrice Arnone, 9 anni, mia vicina di poltroncina, telefona alla mamma: “Ti prego, vienimi a prendere”. La sua pazienza è messa a dura prova, come quella dei 30mila e passa spettatori. Quasi due ore di selfie e di processione di stendardi e cartelli sono troppe. In tribuna vip non passa un filo d’aria, ci si sventaglia forsennatamente. Di più delle bandierine agitate dagli atleti in parata.Fanno tenerezza paesi come Bermuda, Camerun e Monaco con un solo atleta. Zero tifoseria, sembrano figli di un dio minore. Si sentono invece padroni gli americani, formano un serpentone umano che riempirebbe metà stadio. Si abbassa anche la palpebra di Mattarella, ma si desta e gonfia il petto d’orgoglio all’inno di Mameli. Tre poltroncine più in là, Giovanni Malagò, presidente del Coni, studia l’evento come prova generale per le prossime Olimpiadi 2026 di cui è stato acceso promotore. Intanto l’inno lo conosce e lo canta, mentre se ne sta muto Roberto Fico, presidente della Camera, che è seduto alla sinistra del padre (Mattarella) e alla destra del cardinale Sepe. E se sono tutti comodamente accomodati lo devono a Vito Grassi,presidente della Confindustria Campania, che in tempo record ha realizzato 60mila sedute.

Lo show must go on e, al netto di discorsi ufficiali (troppi), ringraziamenti (tutti ringraziano tutti), passaggi di mano di torce e fiaccole, lo spettacolo, sotto la direzione artistica di Lida Castelli, è godibilissimo. E ha fatto miracoli (senza l’aureola di San Gennaro) con budget non proprio olimpionico. Spesi 22 milioni per il restyling finanziati dalla Regione Campiana, cioè dalla comunità europea, per l’allestimento scenico sono rimasti pochi spiccioli. Ma sono bastati per convocare 800 performers di 40 scuole di danza e vestirli con 1500 costumi scintillanti. Si accende il braciere e la fiamma simbolica si fonde con la lava di un Vesuvio high tech. Canta il rapper Anastasio mentre un faro intelligente (lo chiamano così) proietta sciabolate di laser nel cielo sopra lo stadio. Immancabile Andrea Bocelli che duetta con il figlio Matteo, bello come un modello, “Fall on me” e il pubblico gli fa un ola con le lucine accese dei cellulari. Spontanea coreografia prima della cascatina di fuochi d’artificio.

Qualche autorità molla il colpo e nella fretta lascia intonso la busta/omaggio. Peccato, il profumo poteva essere utile come scaccia/zanzare. E la mascottina come spaventapasseri da giardino. Un buon esempio, sfilano atleti di paesi in guerra tra di loro, ma lo sport abbatte barriere. Riammettete l’Afghanistan, visto che non è proprio dietro l’angolo. E Il sindaco De Magistris e il governatore De Luca promettono se non una pace, almeno una tregua olimpica.

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