Commentando le drammatiche condizioni di Andrea Camilleri, su Libero del 19 giugno Vittorio Feltri ha scritto che la consolazione “per la sua eventuale dipartita è che finalmente non vedremo più in televisione Montalbano, un terrone che ci ha rotto i coglioni”. È possibile aggiungere qualche ulteriore commento, oltre alle più che legittime espressioni di indignazione, all’ennesima canagliata verbale di quello che ormai sembra la caricatura della caricatura fatta da Maurizio Crozza?

Il fatto è che questo giornalista, che ha trovato la propria cifra stilistica nel mettere sulla carta i gorgoglii ventrali degli avventori di osterie prealpine, ormai ha perso i freni inibitori trasformandosi nell’icona di un Paese profondo che emerge da tempo nel ‘liberi tutti’ a partire dagli sdoganamenti berlusconiani. Mentalità ascesa a una dimensione para-ideologica grazie all’opera di imbonimento premiato elettoralmente di Matteo Salvini. Salvini e Feltri, due approdati alla destra estrema provenendo da sinistra, quando stare a sinistra significava consenso e vantaggi di carriera: l’uno comunista padano e l’altro craxiano nella Milano da bere. A riprova che l’opportunismo carrieristico rimane un tratto costitutivo della vocazione nazionale e relativi ideal-tipi, sintetizzato nell’immortale “Franza o Spagna purché se magna”.

Feltri ideologo a propria insaputa del Salvinismo? La pulsione di umori aggressivi e paure che caratterizza lo stato d’animo prevalente dell’Italia in declino. Ma che si alimenta in qualcosa di più profondo e antico, che non ha senso chiamare fascismo. La psicologia arcaica di un mondo contadino, assediato dalla miseria e ossessionato da qualsivoglia minaccia alla “roba”, le modeste risorse di cui è riuscito a disporre, che lo scrittore Giovanni Verga rappresentava già alla fine dell’Ottocento nella figura letteraria del “Mastro Don Gesualdo”; il manovale arricchito, che vive abbrancato a quanto ha saputo accumulare con l’avidità del padroncino.

Un’ideologia possessiva che scorge ovunque minacce alla propria condizione possidente e pretende protezione; pronta a fare fuoco contro qualsivoglia ombra che si stagli all’orizzonte, percepita a priori come pericolo incombente. La nevrosi che Salvini continua a cavalcare, ricavandone successi elettorali indeclinabili in azione politica diversa dal rendere febbricitante in permanenza la pubblica opinione. Dunque, pura quanto sterile opera di propaganda in un Paese che avrebbe un disperato bisogno di coltivare solidarietà mentre affonda nell’odio. Allo stesso modo il propagandista Feltri vellica i più infimi umori della platea dei propri lettori accreditandone convinzioni che in passato era scorretto persino sussurrare. Che ora vengono gridate nelle piazze e praticate da manipoli di mazzieri che pestano ragazzi e ragazze solo perché indossano t-shirt di un cinema di quartiere che proietta film ispirati a valori civici. Gentaglia che poi ritrovi nelle curve da stadio più trucide e non di rado limitrofi alla criminalità. Il tutto ispirato da quel grumo di pensieri da poveracci di cui si diceva.

E la penna itinerante in tutte le testate asservite all’ex Cavaliere (da il Giornale de-Montanellizzato a Libero) può travestirsi da yachtman della marca orobica, con quei doppiopetto blu divisa da commodoro del circolo della vela a Montecarlo o da club house dei Glénans, ma rimane un manichino nelle mani del suo consulente sartoriale (che mi dicono essere genovese). Mentre spurga risentimenti incongrui per chi pretenderebbe di darsi un tono signorile.

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