La cassa integrazione scatterà dall’1 luglio e durerà fino ad ottobre, almeno sulla carta. Perché ArcelorMittal già mette le mani avanti e lascia intendere che se il mercato dell’acciaio non dovesse conoscere una ripresa, per 1.400 operai dello stabilimento ex Ilva di Taranto potrebbe essere prorogata la cig. Dopo l’annuncio di mercoledì, il gigante della siderurgia ha incontrato le rappresentanze sindacali dell’impianto pugliese per illustrare i dettagli e le motivazioni della decisione presa.

Che dopo mezza giornata di silenzio ha provocato la reazione del ministro dello Sviluppo Economico, davanti al quale era stato firmato l’accordo tra azienda e sindacati per il reintegro di 10.700 dipendenti ex Ilva (8.200 a Taranto): “Sono stufo di aziende che firmano gli accordi e poi non vi tengono fede – ha detto Luigi Di Maio riferendosi anche al caso Whirlpool – La prossima settimana ci vedremo, è già fissato un tavolo, devono tenere fede agli accordi”. 

ArcelorMittal ha spiegato che la cassa è “temporanea” e dovuta al calo della domanda di acciaio, una crisi definita “grave” e tuttavia congiunturale che ha portato a tagliare la produzione di 3 milioni di tonnellate in Europa, una delle quali in Italia. Dopo i tagli annunciati il 6 maggio, il 29 la multinazionale lussemburghese aveva spiegato che avrebbe rallentato la produzione anche a Dunkirk (Francia) e Eisenhüttenstadt (Germania), per poi intervenire nel quarto trimestre 2019 a Brema. “Allo stato – si legge nel documento presentato ai sindacati dai rappresentanti dell’azienda – è ipotizzabile una ripresa del mercato e della domanda a valle di detto periodo, fatta salva la verifica della necessità di eventuale proroga ai sensi della vigente normativa”. 

Lunedì, ArcelorMittal incontrerà i segretari nazionali dei metalmeccanici a Roma, nella sede di Confindustria. Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm hanno già definito “grave e irresponsabile” la scelta dell’azienda e annunciato che chiederanno il passo indietro sulla cassa integrazione. Al coro si aggiunge ora anche il Pd con un’interrogazione al ministro Di Maio firmata da 9 deputati nel quale si chiede “il pieno rispetto degli impegni sottoscritti” dall’acquirente a settembre 2018 “a cominciare dalla salvaguardia dei livelli occupazionali”. I deputati Pd affermano che “sebbene l’intesa siglata lo scorso settembre tra ArcelorMittal e governo preveda una verifica trimestrale sulle questioni ambientali e lavorative oggetto dell’accordo, nessun incontro – malgrado le molte sollecitazioni delle organizzazioni sindacali e associazioni ambientaliste – è stato finora tenuto”. 

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