Cara Virginia,

era il 31 maggio 2017 quando presentasti in Campidoglio il Piano rom della tua Giunta. “Finalmente è finita l’epoca delle parole – annunciasti solennemente – e con questa Amministrazione si passa ai fatti. Il superamento dei campi rom diventa realtà”. “Un capolavoro da applausi” si affrettò a commentare l’allora capo politico del Movimento 5 Stelle, per certificare la bontà di un Piano che doveva risultare rivoluzionario, unico, vincente.

Sono passati due anni da quell’annuncio e devi consentirci di tirare le somme per capire quali fatti hanno dato seguito alle tue parole. Prima di farlo, però, vorrei tornare con la memoria al 14 settembre 2013 quando, in qualità di Consigliere comunale, dopo aver studiato le nostre ricerche che documentavano il fallimento del Piano rom di Gianni Alemanno prima e di Ignazio Marino poi, accettasti il mio invito di andare a conoscere le famiglie rom sgomberate due giorni prima dall’insediamento di via Salviati. Era la prima volta che incontravi mamme rom vittime di sgomberi forzati e mi confidasti lo sdegno e la rabbia per un evento disumano e intollerabile. Mi consolai con il fatto che almeno dentro la macchina politica della città di Roma, c’era ancora qualcuno disposto a sdegnarsi di fronte a questi eventi.

Non mi ha sorpreso, quattro anni dopo, vedere il tuo “Piano” dedicato a tre bambine rom uccise nel rogo di Centocelle, “perché l’indignazione – è scritto nell’incipit – possa essere la forza che muove la nostra azione per i diritti”. Parole e lacrime. Di coccodrillo, sembrerebbe.

Nella Delibera che include il “Piano”, la n.105/2017, si inizia citando la Dichiarazione universale dei diritti umani e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, documenti che pongono al centro il rispetto dei diritti, la dignità umana, la lotta ad ogni forma di discriminazione. Nei fatti, dal 31 maggio 2017 a oggi, sotto la tua Amministrazione sono avvenuti 85 sgomberi forzati – tutti identici a quelli di via Salviati per il quale trovasti spazio per lo sdegno commosso – calpestando diritti umani e in barba alle garanzie procedurali previste dalle Nazioni Unite. Tra essi c’è Camping River, esempio del fallimento di un “Piano” che ha buttato per strada quasi 300 persone.

Nel “Piano rom”, alla voce “scolarizzazione” viene preso l’impegno di “incrementare e qualificare la frequenza scolastica dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione del percorso formativo”. Nell’ultimo anno scolastico i minori rom iscritti alla scuola dell’obbligo erano 940. L’anno prima della presentazione del Piano, nel 2016, i bambini rom che risultavano iscritti erano 1.990. Più di mille alunni rom si sono persi per strada in tre anni e nessuno è andato a cercarli.

Il capitolo più importante del “Piano” è quello relativo al superamento dei “campi rom”. “Possiamo annunciare in maniera molto netta che a Roma saranno superati i campi rom”, avevi promesso in Campidoglio il giorno della sua presentazione. Dopo 24 mesi nessun insediamento è stato superato e, alla luce di ritardi e deroghe, il primo vero superamento di un insediamento formale sarà la “patata bollente” che la prossima Giunta dovrà portare a compimento.

La chiusura dei “campi”, affermasti con solennità due anni fa, coincide con la fine della “mangiatoia”. Effettivamente tante voci di spesa sono state tagliate: quelle che riguardano il servizio di sostegno scolastico, gli sportelli legali e sociali, la presenza di operatori negli insediamenti. Eppure, spulciando negli impegni di spesa dell’Ufficio rom per la gestione degli insediamenti, scopriamo che nel solo 2018 le spese si sono avvicinate ai 10 milioni di euro. Un’enormità se pensiamo ai tagli effettuati e al fatto che la cifra non include i soldi spesi per gli sgomberi, per pagare la Polizia municipale e l’Esercito di guardia alle porte di alcuni “campi”, per il trasporto scolastico, per l’Ufficio speciale Rom, per la superconsulente il cui ricco compenso ha fatto discutere. Sulla pelle dei rom si continua a lucrare, altro che fine della mangiatoia!

Cara sindaca, sono passati due anni da quell’annuncio di svolta sulla “questione rom”. Dopo le tue parole a noi restano le macerie di “campi” ridotti a discariche, le aule vuote di bambini rom, la confusione totale nella macchina amministrativa dove solo due settimane fa è saltata anche la dirigente, altra tua persona di fiducia, che avevi messo a capo dell’Ufficio speciale Rom. Quel dannatissimo “Piano” è un capolavoro vero, ma di incompetenza, di approssimazione, di vuoto riempito da parole. Hai ancora due anni per riscriverlo e prima ancora per chiedere scusa. Parolina magica che fa onore ai forti e che ti aiuterebbe a mettere i piedi nella realtà di una periferia in agonia, che misura la sua civiltà e la competenza del suo governo nel dare casa a quel minuscolo 0,2% della sua popolazione che ancora abita in una baracca.

Cara Virginia, ammetti l’errore, chiedi scusa e riscrivi il “Piano”. Non aspettiamo altro.

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