I primi grandi intolleranti della Storia? I cristiani del terzo secolo. L’eros che il mondo classico aveva esaltato in tutte le sue forme entra in un imbuto di repressione. È la tesi della scrittrice napoletana Giovanna Mozzillo, una “ragazza” 80enne, nel suo Ritorno in Egitto (Marlin editore). Un romanzo che strizza l’occhio alle Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Che sembra nascere da un’urgenza, quella di lanciare un messaggio contro la rinascita dell’intolleranza religiosa. E non si può darle torto. Credevamo che l’intolleranza nell’ambito della “fede” fosse stata per sempre sconfitta e che non ne avremmo più letto se non nei libri di storia, e invece dall’inizio del millennio l’abbiamo vista risorgere, mostruosa come uno zombi. “Contagiosa perché si esprime in cento forme e colpisce anche nel mondo occidentale e cristiano, negando valori e diritti ormai acquisiti e irrinunciabili, trascinandoci verso un nuovo medioevo”, scrive Giovanna.

Per raggiungere il suo scopo l’autrice elabora una vicenda in cui l’intolleranza la vediamo in azione, ne seguiamo le dinamiche. Ambientata alla fine del terzo secolo dopo Cristo in un impero romano in cui già si avvertono i primi sintomi di sgretolamento, il cristianesimo si va diffondendo a macchia d’olio, ed è un cristianesimo che diffonde un messaggio universale di uguaglianza, ma al tempo stesso è caratterizzato da un’intransigenza spietata nei confronti di chi non si adegua ai suoi canoni e disattende ai suoi divieti. In pratica quello che si verifica è un ribaltamento dei criteri di valutazione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, in base al quale il sesso esaltato dal mondo classico ora è ammesso solo tra coniugi e solo ai fini della procreazione

Avviene allora che il rapporto tra uomo e ragazzo, da sempre ritenuto legittimo e benedetto dagli dei (anche Giove aveva amato Ganimede), adesso dalla nuova fede sia giudicato immondo e abominevole. Peccaminoso e per chi lo pratica non ci sarà scampo alle pene infernali. Una scoperta dal cui trauma prende l’avvio il dramma dei protagonisti, il giovane patrizio Claudio e il suo concubino Ligdo, uniti da un amore che sentono come irrinunciabile. Entrambi incapaci di spiegarsi i motivi della condanna: perché mai il loro amore viene condannato da una fede che proprio nel segno dell’amore si rivolge all’umanità?

Claudio, mandato dall’imperatore come capo di un’ambasceria nella remota e favolosa Ctesifonte, l’antica Bagdad, sostenuto dalla venerazione per la natura e dal culto che nutre per la bellezza, resterà fedele alla sua convinzione che il mistero è insondabile e che volerlo ingabbiare in certezze definite significa immiserirlo e degradarlo. Invece Ligdo che, rimasto solo (Claudio per una serie di contrattempi non riesce a portarlo con sé), si aggrega a una compagnia di mimi itineranti con i quali da Roma scenderà a Napoli e in Puglia, dagli incontri in cui incorre a ogni tappa del viaggio è sempre più convinto che il nuovo dio sia il signore assoluto dell’universo e che violandone le leggi non potrà evitare la dannazione. Si troverà così stretto in una sorta di morsa tra l’impossibilità di rinunciare al suo amore e la certezza che, non rinunciandovi, non scamperà al fuoco eterno.

La narrazione segue passo passo l’iter psicologico dei protagonisti, mostrandoci come Ligdo, sempre più ossessionato, finisca col prendere una decisione fatale, mentre Claudio saprà rimanere fedele al suo possibilismo e rifiuterà di lasciarsi condizionare da certezze che ritiene non verificabili. In contrapposizione due mondi: inquietante e denso di misteri e sorprese l’Oriente in cui si avventura Claudio, l’incubo regna anche nella villa di Posillipo dove Ligdo sosta per uno spettacolo e, soprattutto, nella città pugliese di Lucera dove il diluvio che pone fine alla peste, e che a tutti appare come segno della flagellazione collettiva della comunità cristiana, convincerà definitivamente Ligdo che, disobbedendo al loro dio, non potrà aver salvezza.

Romanzo attualissimo, per la somiglianza tra l’impero romano in decadenza, i barbari alle porte, i valori da sempre consacrati si disgregano, un’ansia incontrollata di fronte a un futuro ritenuto imperscrutabile, e… questa nostra epoca, anch’essa sgomenta e smarrita, perché le vecchie certezze vacillano, alla cieca ne cerchiamo di nuove, non riusciamo a trovarle, e ci scopriamo sempre più disorientati. Oggi come allora, l’umanità si sente in bilico, su una linea di confine, tra un passato che muore e un futuro, dire incerto, è un eufemismo.

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