Cinema

Ancora un giorno, il vibrante e avvincente racconto per immagini del reportage di Kapuscinski in Angola

In anteprima all'Anteo di Milano la presentazione alle 19.40 e la proiezione è prevista alle 20. Sul Fatto Quotidiano un coupon darà la possibilità ai nostri lettori di comprare il biglietto a 6 euro e vedere l'opera di animazione, diretta da Raul de la Fuente e Damian Nenow, al prezzo di 6 euro anziché 9

di Davide Turrini

Una notizia non data e il fronte militare sostenuto da Cuba vinse la guerra civile in Angola. Another day of life (Ancora un giorno), diretto da Raul de la Fuente e Damian Nenow, in anteprima all’Anteo di Milano, è la vibrante e avvincente trasformazione in immagini e animazione dell’incredibile reportage che il fotoreporter Ryszard Kapuscinski compì nel paese africano tra il 1975 e il 1976, poi diventato il primo dei tanti libri che resero il giornalista polacco celebre nel mondo (in Italia è edito da Feltrinelli).

Un telex che borbotta meccanicamente dispacci lapidari, l’andirivieni del reporter solitario tra la capitale Luanda e il fronte sud dell’Angola, l’amicizia con i guerriglieri dell’MPLA, e le centinaia di cadaveri putrefatti che riaffiorano carsicamente per decine di chilometri sulle strade assolate. È il caos, o meglio la confusao, provata da Kapuscinski e da tutti gli “occidentali” presenti in quei fatidici giorni nello stato africano ricco di diamanti e petrolio. Saltato per aria Salazar e il Portogallo colonizzatore da cinque secoli, l’Angola ottenne l’indipendenza l’11 novembre 1975, ma con i bianchi in fuga le fazioni armate locali in lotta diventarono subito due, riproducendo specularmente i due schieramenti della Guerra fredda: l’MPLA sostenuto da russi e cubani, i gruppi FNLA e UNITA sostenuti dagli Stati Uniti (e ancora meglio dalla CIA). Per chi ha qualche primavera sulle spalle sa come funzionava lo scontro russo-americano negli anni settanta. Per chi oggi è giovanissimo Another day of life offre un ripasso storico preciso e maturo, pacificato e plausibile. E propone anche le gesta di un reporter partigiano. Di un giornalista che si schierò politicamente. Non è una cosa da poco. E così come qualcuno di noi ha imparato a tifare per i pellerossa quando arrivavano i nordisti, allora anche qui vi appassionerete per il Kapuscinski determinato che vuole a tutti i costi raccontare la realtà di guerra, rischiando la vita ad ogni angolo di strada, ma che alla fine rinuncia al dovere di cronaca per fare in modo che con la “nuova Angola” nasca una “nuova Africa”.

De la Fuente e Nenow costruiscono un dettato sinuoso di pura animazione sul tempo passato, poi punteggiano l’intera sinfonia con gli interventi al presente di alcuni superstiti angolesi dell’epoca, e soprattutto con qualche emblematica fotografia o mini filmato originale in modo da dare ulteriore profondità alle forti emozioni di vita e morte di quel biennio. Con Kapuscinski si rivive il pericoloso tragitto per 1250 chilometri verso Sud assieme al cameramen Luis Alberto, al collega Arthur, alla straordinaria figura della guerrigliera Carlota (lo splendido fermo immagine finito nella copertina del libro e nella locandina del film), il generale Farrusco. Tutti fieri angolesi animati da un  desiderio di rivoluzione e da un senso di giustizia sociale ed economica che si ristabilirà solo attraverso l’MPLA. “Stavo dalla parte degli svantaggiati”. “Non era difficile scegliere da che parte stare”. “Devi sempre stare dalla parte di chi soffre”.

Gli amici di Ryszard che qui, figura animata con camicia bianca sudata e appiccicata al corpo, ciuffo nero sulla testa, diventa Richard, gli mostrano l’essenza non tanto della solita orribile guerra (evidente e macroscopica) ma del senso di una ribellione politica dalla parte dei più deboli e di chi li aiuta e finanzia. E Kapuscinski (“mi identifico con chi viene umiliato e offeso (…) la povertà non ha voce, il mio dovere è far sì che la sua voce venga sentita”) non può far altro che posizionarsi “a sinistra”, con il significato che aveva questa terminologia a livello ideologico proprio in quegli anni. Perché quando le truppe sudafricane, tutte alte bianche e baffute bionde, sfondano con carri armati, elicotteri e mitraglie il confine a Sud e si dirigono a Luanda, in una tenaglia CIA-UNITA/Sudafrica-apartheid che realmente avvenne, c’è come un moto naturale di opposizione (“avrebbero oltretutto diffuso il razzismo in tutta l’Africa”), che ricaccia furiosamente e felicemente lontano l’invasore che del resto avvenne con l’operazione Carlota e l’aiuto di armi e soldati cubani. Henry Kissinger e Fidel Castro offrono la loro spiegazione dei fatti in due brevissimi filmati. Intanto la vicenda umana del fotoreporter polacco e del sogno di una nuova Angola (i sogni si sa, e lo dicono anche i testimoni 40 anni dopo, muoiono spesso all’alba) si dischiudono in purezza idealistica e franchezza cinematografica. Davvero un bel film, questo Another day of life, dove la trovata stilistica sa orientare l’attenzione dello spettatore più disattento ma dove ancor di più si sa riempire le immagini di contenuti, di una scelta di campo, di una infrazione professionale che ha significato vita. Sul Fatto Quotidiano un coupon darà la possibilità ai nostri lettori di comprare il biglietto a 6 euro e vedere il film in anteprima al prezzo di 6 euro anziché 9. La presentazione alle 19.40, la proiezione alle 20.

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