Cinema

Torna a casa Jimi, ironia lieve tra macerie e posti di blocco: un’ora e mezza di spensieratezza

Godibilissima commedia che ricorda quei titoli che affollavano i cinema negli anni novanta. Sguardo sornione ma acutissimo su una situazione geopolitica irrisolta con Adam Bousdoukos già protagonista di Soul Kitchen

di Davide Turrini

“Non è solo un cane, è Jimi”. Mettici pure la metafora e il paradosso politico di Cipro greco-turca divisa a metà ancora nel 2019. Eppure un pulciosetto a quattro zampe è sempre un gran bel vedere che regala un lieto fine anche quando la realtà degli uomini non riesce ad offrirlo. Torna a casa Jimi!, diretto dal cipriota Marios Piperides, è una godibilissima commedia che ricorda quei titoli che affollavano i cinema negli anni novanta. Sguardo sornione ma acutissimo su una situazione geopolitica irrisolta, busillis kafkiano come intreccio drammaturgico impossibile da districare, ironia lieve tra macerie, posti di blocco, e disgrazie individuali.

Qui è il musicista rocchettaro Yannis (Adam Bousdoukos, già protagonista di Soul Kitchen) a preparare i bagagli per partire e dismettere la sua vita nel settore greco sud di Nicosia per andare in Olanda. Quando però mancano tre giorni alla partenza, proprio dopo aver venduto la moto, il suo cagnetto Jimi fugge via e si incunea oltre il confine turco, smarrendosi nella zona cuscinetto. Inizia così l’articolata e buffa “cino-odissea” del recupero di Jimi. Dopo aver superato l’abituale confine che divide la città (la polizia greca nemmeno gli controlla i documenti) Yannis scopre che Jimi è stato ritrovato dai militari turchi. Lo riprende e fa per portarlo a casa ma rientrando nella parte greca per legge (sottolineiamolo: una norma europea) scopre che un animale, come una pianta, non può essere trasportato di nuovo a Sud, previa autorizzazione. Jimi deve rimanere nella parte turca, o superare l’improvvisa e insormontabile dogana in modo clandestino. Yannis verrà così aiutato da Haman, un signore turco che abita nella parte Nord di Nicosia, nella casa in cui Yannis nacque; da un losco contrabbandiere; e dall’ex fidanzata, padroncina anche lei di Jimi.

Incastonato tra i vicoli ombrosi di Nicosia, tra i sacchi di sabbia, i fusti di latta, il filo spinato che segnano ancora i confini dell’unica città europea divisa come fosse una Berlino anni ’70, Torna a casa Jimi (in originale: Smuggling Hendrix) regala un’ora e mezza di spensieratezza cinematografica, continuamente screziata dalla cupezza dei cascami politico-militari della situazione cipriota odierna che affiorano grotteschi e insanabili come una metastasi antica e stratificata, fuori dal mondo. I Gogol Bordello chiudono il film con Through the roof’n’underground, i militari inglesi stanno in mezzo nella zona cuscinetto con inutile spocchia (e pure la guida a destra hanno imposto a Cipro), mentre il piccolo Jimi, bastardino, bianco con macchie marroni, scompare e ricompare come una specie di MacGuffin hitchcockiano. Stop-frame: Yannis che, ancora prima che inizi tutto il rocambolesco andazzo del racconto, si ferma davanti ad un canarino in gabbia e di nascosto gli apre lo sportellino. Semplice, semplice, ma palesemente efficace. Per l’Italia distribuisce Tucker. dal 18 aprile in sala.

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