È dal 1985 che la classe media occidentale perde colpi. Allora il reddito complessivo di questo segmento della popolazione era quattro volte quello dei più ricchi, oggi è meno di tre volte la ricchezza dell’1% della popolazione. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ocse, tra le cause principali di questo fenomeno c’è la stagnazione dei salari e l’aumento del costo degli alloggi.

Le conseguenze sociali dell’impoverimento della classe media relative alla perdita di fiducia nel sistema democratico occidentale sono serie. L’Ocse sostiene che la percezione che ci siano sempre meno opportunità sociali è alla radice del crescente malcontento che serpeggia tra i millenial. Da una parte la stagnazione degli standard di vita della classe media è la causa dell’emergere di nuove forme di nazionalismo, isolazionismo, populismo e protezionismo e dall’altra è alla radice delle proteste metropolitane.

Da Berlino, a Londra a New York la generazione degli affittuari, i millenial che non possono permettersi neppure un mutuo, manifesta contro un sistema che rema contro di loto. A Berlino, nelle ultime settimane si sta lottando per strappare dalle mani di grosse imprese immobiliari 24 mila appartamenti. In una città dove una manciata di grandi imprese è proprietaria di più di 110 mila appartamenti, negli ultimi dieci anni gli affitti si siano raddoppiati. E dato che i salari sono rimasti invariati, diventa sempre più difficile sopravvivere.

A Berlino, come nel resto delle capitali occidentali si è verificato un fenomeno relativamente nuovo, la finanziarizzazione degli immobili da parte del settore privato, i bassi tassi d’interesse hanno spinto gli investitori a puntare sugli immobili il cui valore è salito insieme al costo degli affitti. L’assenza dello Stato, che un tempo costruiva case popolari per assorbire anche solo in parte la crescita della domanda di immobili, fa si che il settore privato de facto gestisca il costo degli affitti.

Nel settore immobiliare è però molto pericoloso lasciare che siano le forze di mercato più prorompenti a decidere i prezzi degli affitti o degli stessi immobili. Nell’ultimo decennio, in città come Londra, Berlino e New York sono nate imprese che lavorano nel settore dell’alta tecnologia e che hanno attirato giovani professionisti offrendo loro salari molto alti. In questo settore a Londra i salari più bassi si aggirano intorno alle 50 mila sterline mentre quelli di una infermiera sono rimasti a 25 mila. Il mercato immobiliare risponde alla domanda di immobili dei primi e taglia fuori completamente le seconde costrette ad andare a vivere fuori città.

Mentre ai politici fa comodo l’arrivo in città dei giganti della tecnologia, perché diventano loro sponsor, i cittadini la pensano in modo diverso. È quello che è successo a New York quando Amazon ha dichiarato di voler aprire il suo secondo più grande quartier generale a Queens. Si parlava di investire 3,6 miliardi di dollari e di creare 25 mila nuovi posti di lavoro. L’iniziativa ha mobilitato i residenti di Queens che hanno detto no al progetto. Il fiume di denaro investito e i nuovi posti di lavoro avrebbero fatto gravitare i prezzi degli immobili ed il costo della vita a Queens costringendo molti a lasciare le loro abitazioni. Morale: il gioco non valeva la candela.

Nonostante queste vittorie, il problema del rapporto tra costo degli affitti e salari sussiste e deve essere risolto se si vuole evitare di penalizzare le giovani generazioni. La soluzione migliore è quella del rientro dello stato nel settore immobiliare, ma questo richiede uno sforzo finanziario che al momento nessuno può permettersi, neppure la ricca Germania. Nell’attesa forse una soluzione potrebbe essere calmierare gli affitti e imporre alle imprese private immobiliari di offrire a chi svolge lavori socialmente utili, dall’infermiera ai maestri di scuola ai pompieri, affitti proporzionali ai loro salari. Questa legge nel Regno Unito esiste ma tutti le grandi imprese immobiliari la aggirano quotidianamente.

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