Lo ha detto in maniera semplice e ferma: il concerto che Jovanotti ha deciso di fare, nell’ambito dei suoi “Jovanotti beach party”, a 2275 metri di altezza in Alto Adige andrebbe fermato e fatto altrove. Lui è l’alpinista e ambientalista Reinhold Messner. E il motivo è chiaro: la montagna viene snaturata, il concerto porta “inquinamento acustico e una presenza invadente”. Soprattutto, “non è necessario”. Jovanotti, che ha incassato il curioso sì del Wwf, ha risposto a Messner con un lungo post su Facebook, dove ha scritto che il suo concerto è serio e realizzato con criteri ambientali, che si farà una cosa “bellissima e unica”, “nuova e antichissima insieme”. Si tratta di realizzare, continua il cantautore, “non solo grandi giornate di goduria collettiva, ma anche grandi aperture verso panorami di economia circolare, di comportamenti ecosostenibili e di equilibrio umanità/pianeta”. Poi Jovanotti ha di fatto attaccato Messner, parlando di elitarismo della sua posizione e contrapponendo “il battito dei piedi che ballano sulla terra nuda stimolati a una giusta potenza di watt” a chi preferisce “il silenzio delle grandi altitudini in solitaria”.

Ora, è comprensibile che Jovanotti, di cui comunque non mi è chiaro perché voglia organizzare un beach party in montagna, cerchi di difendersi. A mio avviso, però, non solo lo fa in maniera confusa (cosa vuol dire esattamente “panorami di economia circolare, di comportamenti ecosostenibili e di equilibrio umanità/pianeta”?) ma anche sbagliata, perché la retorica che oppone chi difende l’intoccabilità delle montagne bollandolo come elitarista e chi invece, con un’immagine bucolica, vuole godere delle montagne ballando sulla terra nuda e celebrandone la bellezza, oggi suona davvero insensata. Si possono fare le cose meglio, in maniera più corretta, più ecosostenibile; ma il punto è che, come ha ricordato lo scrittore Paolo Cognetti, 20mila persone sul Plan De Corones avrebbero comunque un impatto devastante, e non cambia le cose il fatto che non usino posate di plastica o che ci sia un’app ecologica per i partecipanti. Un concerto con una tale mole di presenti in un sito così delicato non può non avere conseguenze in termini di devastazione, sia pure relativa, dell’ambiente, perché un concerto è un evento invasivo e non andrebbe fatto in luoghi fragili e da proteggere.

Non si tratta di avere una posizione immobilista e conservatrice (come, forse, quella di Mauro Corona, che interviene oggi proprio su Il Fatto Quotidiano). Il tema vero è un altro, e cioè che un evento di quel tipo fatto in un ambiente di quel tipo oggi è del tutto antistorico. Diciamolo meglio. Un mega concerto in quota senza precauzioni ecologiche sarebbe stato accettabile negli anni Ottanta e primi anni Novanta. Un mega concerto in quota, con precauzioni ecologiche, avrebbe potuto funzionare tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila. Ma oggi siamo in un momento storico completamente diverso. Oggi siamo nel mezzo di una presa di consapevolezza radicale e drammatica – lo racconta anche la magnifica nuova docu-serie Netflix Il nostro pianeta, con la voce del “Piero Angela” inglese David Attenborough – del fatto che la Natura si sta definitivamente consumando, distrutta dal cambiamento climatico, dalla scelleratezza dei nostri comportamenti individuali e pubblici, da un modello economico che mette il consumo – anche culturale e musicale, sempre di consumo si tratta – ancora al primo posto quando non ci sono più le risorse perché questo consumo possa essere appagato.

Detto in altre parole, in questo momento storico, con il movimento dei #Fridaysforfuture che sfila nelle piazze – movimento che Jovanotti dovrebbe ascoltare, perché il pubblico giovane è sempre stato il suo pubblico, anche se oggi di fronte a loro appare spaventosamente vecchio – l’atteggiamento verso l’ambiente sta portando a una svolta radicale. E questa svolta assegna all’ambiente un carattere di Bene assoluto, qualcosa da proteggere in maniera totale, sacrale, senza alcuna ideologia ma perché semplicemente senza di esso noi non possiamo più vivere. E dunque tutto ciò che impatta su un habitat delicato va evitato, perché appunto, assolutamente non necessario.

Questo non significa che non dobbiamo usare e anche celebrare soluzioni tecnologiche che ci consentano di usufruire dell’ambiente senza distruggerlo. Però è un discorso che vale quando si tratta di cose necessarie: elettricità, trasporto e così via. Onestamente, un mega concerto non è necessario. Soprattutto quando si può fare, appunto, altrimenti. Ma una spiaggia non è egualmente fragile? Può darsi, certo. Esistono infatti altri luoghi ancora. Ad esempio gli stadi, o altri posti più adatti. Se Jovanotti tiene davvero all’ambiente, se ha un “cuore” come oggi celebra Repubblica, rinunci all’atmosfera mistica delle montagne rispettandole, senza violarle. È molto più contemporaneo questo atteggiamento dell’idea ormai veramente antica che lo spettacolo debba andare avanti a tutti costi. Quelli ambientali compresi.

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